L’incontro riservato con papa Leone XIV ha concluso l’Assemblea Generale della CEI, che si è svolta ad Assisi (Domus Pacis, Santa Maria degli Angeli) dal 17 al 20 novembre 2025 sotto la guida del Cardinale Presidente Matteo Zuppi. Hanno partecipato il Nunzio Apostolico in Italia, Mons. Petar Rajič, 206 membri, 13 Vescovi emeriti, alcuni rappresentanti di presbiteri, religiosi e religiose, degli Istituti secolari, delle Aggregazioni laicali. Un clima di viva cordialità e ascolto attento ha caratterizzato il momento vissuto il 20 novembre nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, dove il Papa ha sostato nella Porziuncola in preghiera silenziosa prima di rivolgersi ai Vescovi. Nel suo discorso ha innanzitutto esortato a “porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo”, ricordando che “una Chiesa sinodale, che cammina nei solchi della storia affrontando le emergenti sfide dell’evangelizzazione, ha bisogno di rinnovarsi costantemente”. Per questo, ha offerto alcune indicazioni concrete: proseguire sulla strada degli accorpamenti delle Diocesi, rispettare la norma dei 75 anni per la conclusione del servizio degli Ordinari nelle Diocesi, favorire una maggiore partecipazione di persone nella consultazione per la nomina di nuovi Vescovi. Il Papa ha quindi invitato a impegnarsi per “edificare comunità cristiane aperte, ospitali e accoglienti, nelle quali le relazioni si traducono in mutua corresponsabilità a favore dell’annuncio del Vangelo”.
Collegialità e sinodalità
I temi della collegialità e della sinodalità, richiamati dal Papa nel suo discorso, erano stati al centro della riflessione del Cardinale Presidente che, nell’Introduzione, aveva ricordato, facendo riferimento al Cammino sinodale, che “ora si apre una fase nuova che interpella in particolare noi Pastori nell’esercizio della collegialità e in quel presiedere la comunione così decisivo perché la sinodalità diventi forma, stile, prassi per una missione più efficace nel mondo”. Nell’esprimere unanime apprezzamento al Cardinale Presidente, i Vescovi si sono concentrati sulla dimensione della sinodalità, intesa come forma ordinaria della vita della Chiesa. La crisi contemporanea è stata letta non solo come frutto dell’indifferenza esterna, ma anche come rischio di “insignificanza” interna, da superare attraverso la gioia della fede, una testimonianza più libera e coraggiosa e una rinnovata capacità di annuncio. Secondo i Presuli, la cultura dominante esercita una forte spinta all’adeguamento, mentre il Vangelo richiede la franchezza della parola e la chiarezza delle posizioni. Di qui la necessità di una Chiesa coraggiosa e missionaria, che non teme i cambiamenti, che sa valorizzare il protagonismo dei laici e puntare sulla comunità come risposta alla solitudine diffusa.
Sono da leggere in questa prospettiva i riferimenti, emersi nel confronto assembleare, all’importanza di una pastorale d’ambiente che possa abitare con creatività e competenza scuola, università, sanità, lavoro, sport, cultura; della formazione di sacerdoti chiamati, come ha recentemente ricordato papa Leone XIV, ad essere “vicini al gregge”, donando “tempo ed energie per tutti, senza risparmiarsi, senza fare differenze”; del ruolo degli Organismi di partecipazione, che sono spesso indeboliti da logiche burocratiche o assemblearismi impropri, mentre dovrebbero rappresentare laboratori vivi di corresponsabilità e comunione. Non sono mancati i richiami alle nuove generazioni, alla famiglia, alla comunione tra le Chiese, all’impegno per la giustizia e la pace, alla questione delle carceri che ha bisogno di una più convinta attenzione pastorale e culturale, al fenomeno delle sette e del satanismo, in crescita soprattutto tra i più giovani.
Evocando infine le parole del Card. Zuppi sul Mediterraneo e sull’opportunità di rilanciare “un percorso, dal valore emblematico, che muove da una memoria comune e si prefigge di contribuire a relazioni virtuose, all’abbraccio fra le generazioni, al dialogo tra le fedi”, è stata evidenziata l’attualità della Dichiarazione conciliare “Nostra aetate”, in un tempo segnato da tensioni religiose, antisemitismo e migrazioni: l’incontro tra culture e fedi – è stato rilevato – è luogo teologico e via privilegiata per la costruzione della pace.
Lo stile sinodale
In linea con quanto chiesto da papa Leone, i Vescovi hanno approvato, a larga maggioranza, una mozione con cui vengono delineati i passi successivi alla terza Assemblea sinodale. Esprimendo gratitudine a quanti hanno partecipato al percorso compiuto, è stata deliberata la ricezione del Documento di sintesi “Lievito di pace e di speranza”, con i suoi orientamenti e le sue proposte, “considerandoli alla luce delle priorità pastorali” emerse nell’Assemblea della CEI. Giunta a compimento la fase che ha animato gli anni 2021-2025, sono stati sciolti – ai sensi dell’art. 18 del Regolamento del Cammino sinodale – tutti gli Organismi sinodali finora operativi. I Vescovi hanno dunque assunto l’impegno, “insieme con le nostre Chiese e collegialmente come Conferenza Episcopale italiana, a continuare a camminare insieme ricercando modi e tempi per dare concretezza agli orientamenti e alle proposte emersi in questi anni”. Hanno inoltre affidato al Consiglio Episcopale Permanente e al gruppo di Vescovi, costituito dalla Presidenza su mandato dello stesso Consiglio Permanente (e formato dal Card. Roberto Repole, da Mons. Gherardo Gambelli, da Mons. Guglielmo Giombanco, da Mons. Corrado Lorefice, da Mons. Andrea Migliavacca, da Mons. Michele Tomasi), “il compito di indicare percorsi di studio e approfondimento per il discernimento degli orientamenti e delle proposte del Documento di sintesi, in particolare quelli rivolti alla Conferenza Episcopale Italiana”. Con questo atto è stata anche confermata la volontà di vivere, sempre più e meglio, lo stile sinodale per essere, come ha sollecitato papa Leone XIV, “una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”.
La ricchezza delle riflessioni che ha permeato le giornate di Assemblea, culminate con l’approvazione della mozione, hanno di fatto già indicato alcune prospettive di lavoro: la fede vissuta, testimoniata e celebrata; la comunità; l’impegno sociale e caritativo. Per fede – è stato precisato – è da intendersi l’esperienza esistenziale di essere innestati in Cristo: non un atto intellettuale, ma il vivere di Cristo, ovvero una fede che trasforma, trasfigura la vita, portando con sé il peso della testimonianza. In questo senso, la fede viene vissuta, celebrata e trasmessa nella comunità e si intreccia, inevitabilmente, con la dimensione socio-caritativa in quanto i cristiani abitano tutte le realtà, a partire dalla politica.
Nella consapevolezza delle grandissime solitudini e fratture che contrassegnano la vita delle persone e in forza di quanto condiviso negli anni del Cammino sinodale e delle indicazioni scaturite dal Documento, i Vescovi si sono quindi soffermati sulla corresponsabilità, in vista di un approfondimento sul binomio “ministeri e laicità”. Un focus ha riguardato la specificità del ministero dei sacerdoti che, in forza del sacramento dell’Ordine, ha un suo “proprio” e una sua essenzialità: questo determina l’imprescindibilità del ministero per l’esserci della Chiesa.
A servizio della pace e dell’educazione
A fare da sfondo ai lavori ad Assisi, luogo che papa Leone ha definito “altamente significativo per il messaggio di fede, fraternità e pace che trasmette, di cui il mondo ha urgente bisogno”, è stato il tema della riconciliazione. Un appello per la pace è risuonato nel corso della Veglia che si è svolta il 19 novembre nella chiesa inferiore della Basilica di San Francesco: “Auspichiamo che all’umanità siano risparmiati ulteriori lutti e tragedie e sia evitata la spaventosa ipotesi di una catastrofe dalle conseguenze incalcolabili”. Rivolgendosi “a quanti hanno in mano le sorti dei popoli”, i Presuli hanno chiesto che, “messe al bando le armi, a cominciare dalle testate atomiche, impieghino ogni loro sforzo a servizio della pace e i mezzi a loro disposizione per combattere la fame che è nel mondo”.
Accogliendo l’invito di papa Leone che, nell’udienza concessa ai Vescovi della CEI lo scorso 17 giugno, aveva incoraggiato ogni comunità a diventare “una ‘casa della pace’, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono”, l’Assemblea ha approvato il Documento “Educare ad una pace disarmata e disarmante”. Il testo, che verrà diffuso nei prossimi giorni, si presenta articolato in tre parti, che risulteranno utili per la catechesi e l’approfondimento, secondo il metodo del “vedere-giudicare-agire”. Nella prima viene proposta un’analisi della situazione mondiale, europea e italiana, certamente non esaustiva, ma capace di delineare le problematiche più rilevanti. Nella seconda si aggiunge una riflessione alla luce della Sacra Scrittura, della Tradizione e delle Magistero. Nella terza parte si indicano i sentieri dell’educazione delle coscienze, che permettono di affrontare i temi della guerra, del disarmo, della testimonianza cristiana in un mondo sempre più conflittuale, della democrazia come garanzia di pace.
Sempre sul versante dell’educazione, alla vigilia del 40° anniversario dell’Intesa fra la CEI e il Ministero della Pubblica Istruzione circa l’insegnamento della religione cattolica nella scuola (Irc), firmata il 14 dicembre 1985, in attuazione dell’Accordo di revisione del Concordato Lateranense, i Vescovi hanno approvato il Documento “L’insegnamento della religione cattolica: laboratorio di cultura e dialogo”. Il testo evidenzia e rilancia tale disciplina come contributo prezioso della Chiesa alla comunità scolastica e alla crescita di una sempre più ampia alleanza educativa. Vengono infatti richiamate due dimensioni fondamentali dell’insegnamento della religione cattolica: la sua piena appartenenza alle finalità della scuola e il suo essere luogo accogliente, aperto a tutti, a prescindere dalle personali scelte di fede, e dunque palestra di conoscenza e comprensione reciproca, per una convivenza fraterna e costruttiva. Oltre all’introduzione, il Documento si compone di quattro capitoli: il primo offre alcuni elementi per leggere le trasformazioni in atto e cogliere il loro impatto sull’educazione e il contributo dell’Irc; il secondo richiama le ragioni e le caratteristiche che disciplinano l’Irc nella scuola; il terzo è dedicato al profilo professionale e all’impegno educativo degli insegnanti di religione; il quarto evidenzia la responsabilità che l’intera comunità cristiana ha verso l’Irc e l’importanza di promuovere progettualità e collaborazioni educative nei luoghi ordinari.
Tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, un impegno che continua
Particolare rilievo ha assunto la tematica della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili. Ai Vescovi hanno portato il loro saluto Mons. Thibault Verny e Mons. Luis Manuel Alì Herrera, rispettivamente Presidente e Segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori (PCTM), che hanno messo in luce il valore della “collaborazione strutturata” con la CEI, avviata tre anni fa. “Tale accordo non è rimasto lettera morta: si è trasformato in un laboratorio di dialogo, azione e corresponsabilità, con ricadute positive in Chiese di quattro continenti”, ha sottolineato Mons. Verny. Nell’occasione, il Presidente e il Segretario della Pontificia Commissione si sono soffermati sulla pubblicazione del secondo Rapporto annuale della PCTM che, hanno ammesso, ha suscitato “alcuni malintesi in talune realtà ecclesiali, in particolare nella vostra Conferenza Episcopale”.
Durante i lavori, infatti, è stato ribadito che la Chiesa italiana ha intrapreso un importante cammino sul versante del contrasto agli abusi e della cultura della prevenzione attraverso la creazione di una rete di servizi a livello nazionale, regionale e diocesano per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili che ha visto un continuo incremento di attività formative e di coinvolgimento. Per le vittime e i sopravvissuti agli abusi si è pregato il 18 novembre, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli: “Ogni mancanza di rispetto è, a diverso livello, una forma di violenza, è sfruttamento, bisogno incontrollato di possesso, offesa della dignità, corruzione. Quando poi a esserne vittima è un minore o una persona vulnerabile, restano ferite che non conoscono prescrizione, ma cicatrici indelebili. Davanti a tale gravità non sussiste spazio alcuno per atteggiamenti di omissione o di sottovalutazione”, ha affermato Mons. Ivan Maffeis, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Vescovo delegato per il Servizio regionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Conferenza Episcopale Umbra, che ha presieduto la celebrazione dei Vespri in occasione della V Giornata nazionale sul tema “Rispetto. Generare relazioni autentiche”.
La carità, nucleo della missione
Altro argomento al centro della riflessione dei Vescovi è stato quello della carità: nucleo ardente della missione della Chiesa e segno di autenticità del Vangelo vissuto – è stato sottolineato – che, per questo, richiede competenza e creatività. Soprattutto di fronte a disuguaglianze crescenti, fragilità multidimensionali, povertà energetica, nuove solitudini che domandano ascolto e visioni capaci di futuro. Non si può infatti ridurre la carità a mera filantropia: la gratuità, la preghiera e la vita sacramentale restano la sorgente da cui scaturisce l’impegno verso i più fragili, in una dinamica che unisce la parola, l’Eucaristia e l’incontro con i poveri. In quest’ottica, l’iniziazione cristiana alla carità, la formazione degli operatori, la qualità degli ambienti di accoglienza e la cura del vissuto ecclesiale che accompagna ogni gesto di prossimità – è stato evidenziato – diventano elementi decisivi. All’azione educativa si affianca poi la dimensione culturale e sociale: l’opera caritativa ha infatti una ricaduta politica, stimolando percorsi legislativi e amministrativi in grado di rispondere alle trasformazioni sociali. Si colloca in questo orizzonte l’appello a valorizzare il servizio civile nella sua originaria vocazione alla pace e alla nonviolenza e quello a far sì che la Caritas sia custodita nella sua specificità, evitando la parcellizzazione pastorale, affinché resti ponte, luogo di comunione, strumento di collaborazione concreta e sinodale.
Adempimenti
L’Assemblea Generale ha votato e approvato i testi in lingua italiana da inserire nei libri liturgici relativi alla memoria facoltativa di Santa Teresa di Calcutta e alla Messa per la custodia della Creazione. I testi dovranno essere presentati al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti al fine di ricevere la confirmatio.
Comunicazioni
Ai Vescovi sono state consegnate due distinte comunicazioni riguardanti la Giornata per la Carità del Papa e i mass media. Nella prima viene sottolineato come questo appuntamento, celebrato lo scorso 29 giugno, rappresenti ogni anno un’occasione per assicurare al Successore di Pietro l’impegno delle Chiese in Italia per costruire ponti di dialogo, per soccorrere l’umanità sofferente, per essere a servizio degli ultimi e dei più bisognosi. Nel 2024, le Diocesi italiane hanno offerto per l’Obolo di S. Pietro 1.775.739,00 euro; l’importo pervenuto dalle Diocesi italiane alla Santa Sede a titolo di can. 1271 del Codice di Diritto Canonico è stato di 4.514.716,00 euro. Anche nel 2025 i mezzi di comunicazione della Chiesa che è in Italia (Avvenire, Tv2000, la rete radiofonica inBlu2000, l’agenzia Sir) e delle Diocesi – a partire dai settimanali diocesani associati alla FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) e dall’emittenza locale (CORALLO) – hanno sostenuto la Giornata attraverso una serie di iniziative a partire dal mese di maggio. E proprio ai media è dedicata una seconda comunicazione in cui vengono fornite alcune informazioni riguardanti Agenzia Sir, Avvenire, Tv2000 e inBlu2000, i settimanali FISC e il circuito del CORALLO, con un approfondimento sul loro costante impegno nel promuovere e diffondere racconti di qualità, dando voce ai territori e spiegando quanto accade a livello nazionale e internazionale.
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Nel corso dei lavori dell’Assemblea Generale, il 18 novembre si è riunito il Consiglio Episcopale Permanente che ha approvato ad experimentum per un anno, a partire dal gennaio 2026, la riforma degli Uffici e dei Servizi della Segreteria Generale. Parte, dunque, un processo imperniato su tre “principi ispiratori”: sinodalità, per uno stile di lavoro più partecipato; missionarietà, per un’azione più decisamente destinata all’annuncio del Vangelo; diaconia, per un più chiaro riferimento al servizio al ministero episcopale e alla vita delle Diocesi. A questi principi si associano cinque “criteri operativi”: a servizio dei Vescovi e delle Chiese particolari; natura pastorale e missionaria del servizio; sinodalità e partecipazione; una “struttura” missionaria; coordinamento, flessibilità, valorizzazione, sostenibilità, in modo che, nel rispetto delle diverse competenze, venga preservata l’unitarietà delle azioni pastorali. In questa prima fase di sperimentazione verranno, pertanto, create due Aree pastorali dedicate rispettivamente all’Annuncio e alla celebrazione della fede e alla Testimonianza della vita cristiana, dove convergeranno Uffici e Servizi tuttora esistenti tenendo conto degli specifici ambiti di competenza. Al termine del 2026 il processo di riforma proseguirà secondo quegli adattamenti che saranno emersi nella fase sperimentale.