Morte di un santo confessore

Scritto il 05/07/2025
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Lunedì è venuto a mancare il frate cappuccino e cardinale Luís Dri. Aveva compiuto 98 anni lo scorso aprile e si è spento pochi mesi dopo Papa Francesco, al quale era legato da una sincera amicizia. Proprio grazie a Bergoglio lo abbiamo cercato nel confessionale della basilica di Pompei, a Buenos Aires, dove trascorreva molte ore della giornata, e abbiamo scritto – io e Andrea Tornielli – un libro che racconta molti momenti della sua vita, davvero eccezionale: “Non aver paura di perdonare”. Il perdono era, per così dire, la sua specialità, la cosa che, non a caso, Bergoglio apprezzava apertamente. Così dice nella prefazione al suo libro, dove racconta come lo aveva conosciuto e le cose che più apprezzava di lui.

(Papa Francesco) Ho raccontato ormai tante volte e in diverse occasioni la risposta che mi diede padre Luis Dri quando ero arcivescovo nell’altra diocesi, a Buenos Aires. Gli avevo chiesto che cosa facesse quando, uscendo dal confessionale dove aveva trascorso molte ore della giornata, avvertiva lo scrupolo di aver perdonato troppo. Mi disse che era solito andare di fronte al Tabernacolo, di fronte al Santissimo Sacramento, chiedendo lui stesso perdono per aver troppo perdonato e che concludeva rivolgendosi così a Gesù: “Ma sei stato Tu che mi hai dato il cattivo esempio!”. Qualcosa di simile lo diceva anche san Leopoldo Mandic, il grande santo cappuccino, del quale, non a caso, padre Dri è sempre stato molto devoto. Mi avevano colpito queste sue parole e per questo non ho mai smesso di raccontarle, perché ci parlano di un atteggiamento quanto mai necessario oggi.

Il penitente che bussa alla porta dei nostri confessionali può essere arrivato di fronte all’abbraccio misericordioso di Dio per innumerevoli cammini. Può essere un fedele che si accosta abitualmente al sacramento della riconciliazione, oppure qualcuno che vi arriva spinto da qualche circostanza eccezionale. Può essere entrato casualmente in chiesa – ma nei piani di Dio Padre nulla è casuale – oppure quel gesto può essere la tappa finale di un percorso molto sofferto. Qualunque sia stata la spinta, quando una donna, un uomo, un giovane o una persona anziana si accostano al confessionale, bisogna far percepire loro l’abbraccio misericordioso del nostro Dio. Un Dio che ci precede, ci aspetta, ci accoglie. Proprio come accadde al Figliol Prodigo, il quale rientra a casa dopo aver dilapidato in poco tempo la metà delle ricchezze che aveva preteso da suo padre. Aveva toccato il fondo, si era fatto forza, era tornato a casa. Il padre misericordioso era lì, a scrutare l’orizzonte. Era lì, ad attenderlo con le braccia aperte. E quando il Figliol Prodigo ha cominciato a parlare, ad accusarsi del suo peccato, il padre quasi non l’ha lasciato parlare, lo ha abbracciato, lo ha riaccolto come figlio, lo ha restituito come fratello all’altro figlio. Non lo ha messo a lavorare tra i servi. Gli ha restituito la piena dignità di figlio.

Ogni volta che un penitente si avvicina, apre la porta del confessionale o si inginocchia davanti alla grata, o si siede accanto a noi per vivere l’esperienza della riconciliazione, qualunque sia la sua storia, qualunque siano le motivazioni che lo hanno spinto, qualunque sia il peso del peccato che porta sulle spalle, noi sacerdoti dobbiamo pensare all’atteggiamento del Padre del Figliol Prodigo.

È bello che padre Luis Dri abbia in confessionale una riproduzione del dipinto di Rembrandt raffigurante la scena dell’abbraccio tra il Padre e il Figliol Prodigo. L’ha ritagliata e appesa alla parete, ci racconta, “a portata di sguardo di chi viene a confessarsi”. Padre Luis ci ricorda che il particolare forse più degno di nota di questo dipinto sono le mani del Padre Misericordioso, che non sono identiche tra loro: una mano, quella di sinistra, è maschile, mentre l’altra è più femminile. La misericordia, come pure la compassione, quella commozione viscerale che prova Gesù in diverse pagine del Vangelo, ha caratteristiche sia paterne che materne. La misericordia è il viscerale amore materno, che si commuove davanti alla fragilità della sua creatura e la abbraccia, e nel suo aspetto propriamente maschile è la fedeltà forte del Padre che sempre sostiene, perdona e torna a rimettere in cammino i suoi figli.

Inoltre, in quel quadro, il Padre misericordioso è cieco, “come se il suo sguardo fosse stato consumato dall’attesa del ritorno del figlio. Per il padre non c’è altro che il figlio; tutto quello che ha attorno, che emerge dall’oscurità, partecipa della sua tensione amorosa verso il figlio. La barba del padre non è curata, come se l’attesa del figlio mettesse in secondo piano le incombenze personali solite”. Padre Luis continua: “Quando noto una certa ritrosia in chi viene a confessarsi, un certo timore per averla ‘fatta grossa’ e il retropensiero che si può presumere nella sua testa è: ‘Ma Dio mi perdonerà?’, io dico loro: ‘Guarda lì! Dio ti abbraccia come quel padre, Dio ti vuole bene, Dio ti ama, Dio cammina con te, Dio è venuto a perdonare, non a castigare, ha lasciato il Cielo per stare con noi. Fino alla fine dei giorni. Come possiamo avere paura che non ci perdoni?’”.

Sono rimasto colpito anche dal gesto che padre Luis compie ogni volta che riceve un penitente, durante le lunghe ore che trascorre nel confessionale. “La prima cosa che faccio”, racconta, “è prendergli la mano e baciarla. Affinché si senta accolto e libero di esprimersi, di parlare, ben disposto. […] Sia che le sue mani siano pulite, come le mani di chi si è appena lavato, o sporche, come quelle di tanti pellegrini che arrivano qui senza preoccuparsi troppo del proprio aspetto, magari dopo aver terminato qualche lavoro non troppo igienico”.

Ciò che la grazia di Dio ha iniziato, ha smosso nel cuore delle donne e degli uomini che si accostano al sacramento della riconciliazione, noi non dobbiamo mai correre il rischio di spegnerlo. Guardando Maria, nostra Madre, facciamo sempre memoria di questo: l’unica forza capace di conquistare il cuore delle persone è la tenerezza di Dio. Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene, ciò che libera, non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, ma la debolezza onnipotente dell’amore divino, è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia. L’essere abbracciati, l’essere di fronte alla presenza di Dio Misericordioso che si fa vicino a te attraverso il sacerdote, trasforma il confessionale in un grembo materno, in una casa per noi, poveri peccatori, che ci sentiamo orfani e diseredati. L’abbraccio misericordioso del Padre, il dolce sguardo di Maria, Madre nostra, la disponibilità di un sacerdote, che per primo ha sperimentato la misericordia di Dio come balsamo per le sue miserie, come unguento per le sue ferite, rendono il confessionale non un tribunale o un consultorio, ma un grembo materno.

Diventare dei buoni confessori non è l’esito di un corso professionale. Per essere buoni confessori dobbiamo innanzitutto riconoscerci noi per primi peccatori, e chiedere noi per primi di essere accolti, rialzati, perdonati, inondati di misericordia. Essere noi per primi a lasciarci guardare da Gesù e da Maria. Essere noi per primi a lasciarci coprire dal suo manto. Essere noi per primi capaci di piangere, per i nostri peccati e anche per i peccati di chi si confessa. Quando un sacerdote agisce così è un buon sacerdote, perché è un buon figlio, si riconosce figlio. E per essere un buon padre bisogna prima essere un buon figlio. Così possiamo dire a nostro Padre: ‘Anch’io sono stato raggiunto dalla tua misericordia, ti chiedo di amarmi come uno dei figli più umili del tuo popolo, di poter saziare con il tuo pane quelli che hanno fame di Te e accogliere con il tuo abbraccio quelli che bussano alla mia porta, per essere strumento della tua misericordia infinita’.

Padre Luis Dri scrive in una pagina di questo libro: “Se uno giunge al confessionale, perché lo fa? Viene perché pensa che stia facendo delle cose non giuste. […] Se si rende conto, anche timidamente, di questo, anche solo con un briciolo di coscienza, significa già che vorrebbe cambiare rotta. Quindi io, confessore, come messaggero di misericordia, devo aiutarlo a trovare quella misericordia, a trovare quel perdono, anche se chi lo chiede non ha le idee molto chiare a riguardo”. Dio ci raggiunge con la sua grazia utilizzando ogni minimo spiraglio. Sta a noi confessori non spegnere quella piccola fiamma debole. Sta a noi disporci il più possibile al perdono.

San Leopoldo Mandic, il santo cui padre Luis si ispira, ripeteva che “la misericordia di Dio supera ogni nostra aspettativa”. Queste parole hanno profondamente toccato anche padre Luis, suo confratello nell’ordine dei frati cappuccini, che ha visto in esse un ideale, un orizzonte per il suo futuro ministero di confessore: “Ciò mi colpiva”, dice, “come un ideale per il futuro, per il mio futuro: seminare bontà, misericordia, amore”. “San Leopoldo era convinto – e lo diceva – che Dio preferisse ‘il difetto che porta all’umiliazione piuttosto che la correttezza orgogliosa’ che falsamente fa credere alla persona di essere irreprensibile, annullando il suo desiderio di convertirsi”. Come non ricordare qui le parole del servo di Dio e mio predecessore Giovanni Paolo I, che nell’udienza generale del 6 settembre 1978 disse: “Il Signore tanto ama l’umiltà che, a volte, permette dei peccati gravi. Perché? Perché quelli che li hanno commessi, questi peccati, dopo, pentiti, restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi santi, dei mezzi angeli, quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi. Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili. Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra. Bassi, bassi: è la virtù cristiana che riguarda noi stessi”.

San Leopoldo Mandic aveva l’abitudine di dire al penitente: “Abbia fede, abbia fiducia, non abbia paura. Vede, anch’io sono un peccatore come lei. Se il Signore non mi tenesse una mano sulla testa, farei come lei e anche peggio di lei”. E pochi giorni prima di morire, questo grande santo confessore aveva detto: “Sono più di cinquant’anni che confesso e non ho rimorsi di coscienza per tutte le volte che ho dato l’assoluzione, ma sento pena per le tre o quattro volte che non ho potuto darla. Può darsi che non abbia fatto tutto il possibile per suscitare nel penitente la disposizione opportuna”.

Teniamo davanti ai nostri occhi queste luminose testimonianze di santi. Ma anche le testimonianze di tanti buoni sacerdoti e religiosi, che quotidianamente, nel nascondimento, aprono le porte delle chiese e dei confessionali, accolgono, ascoltano, sollevano la mano benedicente, dispensando misericordia e perdono all’umanità ferita del nostro tempo. Siamo consapevoli che il perdono avvicina e fa sentire l’altro come prossimo, rendendo possibile una solidarietà che sarebbe altrimenti molto difficile. “Dove c’è misericordia”, afferma padre Luis, “c’è rifiuto dell’egoismo, dell’affermazione di sé, c’è una barriera contro il dilagare dell’intolleranza e della violenza, ma anche un principio attivo di riconciliazione. La misericordia accetta che un altro principio ordina il mondo, non io. La misericordia inizia quando Dio crea l’uomo a sua immagine e ha misericordia di lui, e continua con l’uomo che imita il comportamento del Signore perché sperimenta personalmente i benefici che questa misericordia ha anche per la sua vita comunitaria e organizzata in società. In questo senso la misericordia è un atteggiamento profondamente sociale”.

Sì, è un atteggiamento che ha conseguenze sociali. E se è vero che viviamo tempi difficili – quella che ho più volte definito una ‘guerra mondiale a pezzi’ –, se è vero che viviamo in tempi di terrore e di paura per la violenza cieca che ci appare priva di qualsiasi umanità, è vero anche che gli esempi positivi, grazie a Dio, non mancano. Ogni segno di amicizia, ogni barriera che cade, ogni mano tesa, ogni riconciliazione, anche se non fa notizia, è destinata ad agire nel tessuto sociale. Sia che si tratti di quello delle nostre famiglie, dei nostri quartieri, delle nostre città, di quello delle nostre nazioni o delle relazioni tra Stati. Il fiume in piena dell’odio e della violenza – non dimentichiamolo mai, per favore – nulla può contro l’oceano di misericordia che inonda il nostro mondo. Immergiamoci in quell’oceano e lasciamoci rigenerare. Lasciamo che Dio operi in noi, chiediamogli di vincere la nostra indifferenza e di renderci capaci di provare compassione, di condividere, di essere solidali e anche di versare lacrime, per metterci nei panni di chi soffre nel corpo e nello spirito. Per essere piccoli e umili strumenti nelle mani del Signore e aiutarlo a costruire, secondo i suoi disegni, un mondo più giusto e fraterno.

Mi auguro di cuore che queste pagine, che raccontano la vita semplice e l’esperienza di padre Luis, possano aiutare spiritualmente chi le leggerà e magari muovere il cuore di qualcuno verso l’abbraccio misericordioso di Dio.

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