Perù. Mons. García Camader (presidente vescovi): “La Chiesa presenza viva in un Paese colpito da violenza e corruzione”

Scritto il 05/07/2025
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In Perù è in corso un’ondata di violenze che ha spinto le autorità a proclamare lo stato d’emergenza in varie regioni del paese. L’attività mineraria, motore dell’economia peruviana, è al centro di forti tensioni con la proliferazione delle organizzazioni criminali dedite a traffici illeciti. Criminalità organizzata, narcos e corruzione alimentano l’insicurezza. Per superare tutto questo, anche in prospettiva delle elezioni previste per il prossimo anno, bisogna condividere strategie comuni, a livello nazionale e internazionale.
La Chiesa può essere un agente di stimolo e cambiamento nella società, continuando a svolgere un ruolo importante nel sensibilizzare l’opinione pubblica, nel promuovere giustizia sociale, nel riaffermare e difendere i diritti umani. Anche nelle aree più periferiche del Perù, ai confini settentrionali con Ecuador e Colombia, la Chiesa lavora al fianco delle popolazioni indigene per la tutela dell’ambiente naturale. Subito dopo l’elezione di Papa Leone XIV la Conferenza episcopale peruviana ha sottolineato con speranza: “Il Santo Padre conosce a fondo la nostra terra: dalle sabbie calde delle nostre coste, alla forza indomabile dei nostri altipiani e al cuore verde della nostra Amazzonia”.
Della situazione del Perù e dell’impegno della Chiesa abbiamo parlato con mons. Carlos Enrique García Camader, vescovo di Lurín e da gennaio presidente della Conferenza episcopale peruviana.

Eccellenza, come vive la responsabilità di guidare la Conferenza episcopale del Perù in un tempo così complesso per la Chiesa e la società?
Con profondo senso di gratitudine a Dio, che si fida di questo umile pastore per servire la Chiesa in Perù. Sono anche molto grato ai fratelli vescovi per la fiducia riposta in me. Questo tempo segnato da tensioni sociali, cultura dell’indifferenza, perdita di valori e una crisi di fede in molti settori, è tuttavia anche un tempo di grazia, di opportunità per rinnovare la nostra missione evangelizzatrice e lavorare uniti come pastori.

Il Perù è stato uno dei Paesi con il più alto numero di morti per abitante a causa della pandemia di Covid-19. Quale lezione possiamo trarre da quella tragedia?
La pandemia è stato uno degli episodi più dolorosi che abbiamo vissuto come nazione e come umanità. Ci ha posto bruscamente di fronte alle nostre fragilità personali, sociali e istituzionali. In Perù, purtroppo, questa realtà si è tradotta in oltre 200.000 morti, molte delle quali evitabili, il che ci obbliga a guardare con onestà alle nostre carenze strutturali, soprattutto nel sistema di sanità pubblica. La grande lezione è che dobbiamo costruire una società più giusta, fraterna, dove la dignità di ogni persona sia al centro delle nostre decisioni e politiche pubbliche. E, come ci ha insegnato Papa Francesco, dobbiamo camminare insieme, nella solidarietà.

Quali sono oggi le principali sfide?
Grandi sfide interpellano sia la società che la Chiesa. La povertà che colpisce milioni di persone, le famiglie divise, i bambini abbandonati o senza accesso a opportunità, l’economia informale che non protegge la dignità del lavoratore, l’insicurezza crescente che non rispetta né età né condizione delle vittime… tutto questo richiede risposte concrete. La Chiesa è chiamata ad andare incontro a chi soffre, con un atteggiamento missionario e samaritano. Il ruolo del pastore oggi più che mai è quello di essere vicino, accompagnare, consolare, denunciare quando necessario e, soprattutto, sostenere la speranza.

La povertà, l’instabilità politica, la corruzione e la violenza colpiscono molte regioni del Perù: qual è il ruolo della Chiesa in questo contesto?
La Chiesa ha una presenza viva, storica e impegnata con i più poveri e gli esclusi. Papa Francesco ci ha ricordato costantemente che la Chiesa deve essere un ospedale da campo e la testimonianza di Papa Leone XIV, che ha camminato sulle nostre terre come missionario e pastore, ci esorta a restare saldi nella difesa della dignità umana, denunciando tutto ciò che la viola: la corruzione, la violenza, l’ingiustizia. La corruzione non è solo un problema politico: è un male morale che umilia i più poveri e distrugge la fiducia sociale. Di fronte a ciò, la Chiesa continua ad annunciare la verità, promuovendo il bene comune e educando all’onestà, al rispetto e alla solidarietà.

In che modo collaborate con le istituzioni civili per la promozione della pace, della riconciliazione e della giustizia sociale?
La Conferenza episcopale peruviana è stata e continuerà a essere una voce morale nei momenti decisivi. Quando il Paese attraversa crisi sociali o politiche, i vescovi parlano con chiarezza e fermezza, appellandosi sempre al bene comune, alla pace sociale e al rispetto per la vita e la dignità umana. Senza sostituirci alle autorità, dobbiamo illuminare con il Vangelo i cammini che come società percorriamo. Per questo cerchiamo costantemente il dialogo con istituzioni civili, governi locali, attori sociali e organizzazioni di base, per costruire insieme una cultura della pace e della riconciliazione.

Qual è l’atteggiamento dei giovani verso la fede in Perù? E quali progetti avete per accompagnarli?
Continuiamo a credere fermamente che la Chiesa resti giovane grazie alla luce del Vangelo, che rinnova costantemente i cuori. Ecclesia reformata, semper reformanda, una Chiesa sempre in riforma, sempre attenta ai segni dei tempi.
Il volontariato giovanile, scolastico e universitario è cresciuto molto in questi anni e ha affrontato con coraggio molte sfide in pandemia e nel post-pandemia. Nuove sfide, anche di fede, sono oggi davanti ai giovani: la Chiesa li ascolta e cammina con loro. Una delle risposte concrete è stata la promozione dei cosiddetti missionari digitali, giovani che evangelizzano attraverso i social network e gli ambienti virtuali. Inoltre si promuovono spazi di formazione, volontariato e discernimento che permettono loro di crescere nella fede e nell’impegno con la società.

I progetti finanziati dalla Cei in Perù
Negli ultimi 35 anni sono stati 764 i progetti finanziati in Perù dalla Conferenza Episcopale Italiana attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli. Grazie a più di 45,5 milioni di euro provenienti dai fondi 8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, si è potuto intervenire in diversi settori: assistenza sanitaria, formazione, sviluppo sostenibile, inclusione delle persone con disabilità, agricoltura, micro-imprenditorialità, lotta alla tratta, aiuto ai migranti, accompagnamento e difesa dei diritti e coscientizzazione delle comunità campesine.

Il Perù è un Paese di grande ricchezza culturale e religiosa. Come si promuove il dialogo con le culture indigene e con altre confessioni religiose?
Come Chiesa, valorizziamo profondamente le culture indigene, non solo per la loro ricchezza ancestrale, ma anche per la loro visione del mondo, il loro legame con la terra e il loro senso del sacro. Papa Francesco, con il Sinodo per l’Amazzonia e l’esortazione apostolica Querida Amazonía, ci ha incoraggiato a rafforzare questo dialogo attraverso l’ascolto, il rispetto e un’azione pastorale concreta. Una delle espressioni è la Repam (Rete ecclesiale Panamazzonica), la Ceama (Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia) e il coordinamento degli otto vicariati apostolici dell’Amazzonia peruviana, che lavorano insieme in una pastorale indigena con approccio interculturale e in difesa dei diritti umani, oltre al Seminario Amazzonico, perché una cultura propria, che parla più di 62 lingue native, ha bisogno di pastori propri. Siamo anche membri attivi del Consiglio Interreligioso del Perù, che promuove il dialogo fraterno tra diverse confessioni religiose, al fine di costruire insieme una società più giusta, solidale e rispettosa della dignità di ogni persona.

In quest’anno giubilare, lei ha sottolineato l’importanza di promuovere una “cultura della speranza”. Come farlo?
Dobbiamo farlo senza perdere di vista la vita, il buon trattamento, la dignità, il rispetto per la fede di tutte le persone in tutte le loro fasi, e creando nuove forme per reinventarci nella nostra società. Come dottrina e come stile di vita, la Chiesa cattolica si è sempre contraddistinta per essere una Chiesa di speranza. In questo Anno Giubilare siamo chiamati a essere veri pellegrini della speranza, sia individualmente che comunitariamente. Come diceva un vescovo peruviano: il Perù ha più futuro che passato. Ha saputo uscire da grandi difficoltà grazie alla cultura della speranza.

L’elezione di Papa Leone XIV ha suscitato grande speranza nella Chiesa. Quali sono i suoi auspici per il servizio del Papa alla Chiesa universale e alla missione nel mondo?
L’elezione di un nuovo Papa è sempre un evento di grazia e speranza per tutta la Chiesa. Credo fermamente che lo Spirito Santo agisca in ogni conclave e che, nella sua infinita sapienza, abbia scelto Papa Leone XIV per guidare la Chiesa in questi tempi complessi e difficili. Confido che Papa Leone XIV saprà guidarci con saggezza, umiltà e misericordia, conducendo la Chiesa universale nella fedeltà al Vangelo e al servizio del mondo, specialmente dei più poveri.

Qual è il suo sogno per la Chiesa peruviana nei prossimi anni?
Sogno ciò che dice Papa Leone XIV quando afferma che ci sarà pace solo quando ci saranno giustizia, verità, libertà e amore. Senza questi criteri, difficilmente possiamo parlare di pace. No alla menzogna, no alla paura, no alla corruzione. Sì alla libertà come espressione dell’incontro con Cristo che ha come unica fonte l’amore.
Vorrei che ogni peruviano e peruviana, dalla propria realtà, possa trovare nella propria parrocchia, nella propria comunità, nel proprio vescovo o sacerdote, una risposta di fede, di consolazione e di speranza. Una Chiesa che accompagna, consola e incoraggia a camminare con gioia in mezzo alle difficoltà, senza smettere mai di essere una Chiesa missionaria.

Quale messaggio desidera rivolgere alle comunità qui in Italia?
Alle comunità italiane, e in particolare a quanti sostengono generosamente con l’8xmille la Chiesa cattolica, desidero esprimere un profondo ringraziamento a nome di tutta la Chiesa del Perù. Grazie a questo aiuto concreto, molti progetti di promozione umana e attenzione ai più bisognosi sono stati possibili.

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