“Mediterraneo e Medio Oriente sono due termini essenziali. Sappiamo bene che Francesco sognava di poter andare a Nicea e avrebbe voluto andare anche in Libano. La decisione di Papa Leone di riabbracciare questi due progetti associandoli, è molto interessante perché indica il desiderio di porre i grandi temi che stanno già emergendo da questo Pontificato, al centro di una regione estremamente complessa, tornata purtroppo e drammaticamente al centro dell’attenzione mondiale”. Abbiamo chiesto a padre Claudio Monge, teologo e direttore del Domenican Study Institute (Dost-I), di Istanbul dove vive da 24 anni, di ripercorrere e presentarci il viaggio di Papa Leone XIV in Turchia.
Prima tappa di Papa Leone in Turchia, sarà ad Ankara dove incontrerà il presidente della Repubblica e le autorità politiche e civili del Paese. Quali sono le aspettative rispetto a questi incontri della piccola comunità cattolica di Turchia?
E’ particolarmente difficile in questo viaggio dare delle prospettive di aspettative anche perché è un viaggio che per certi versi è già storico. E’ il primo che Papa Leone compie.
Ci saranno quindi delle novità indiscutibili, legate al suo stile e a come vuole vivere e affrontare questi viaggi. Quello che possiamo dire sono delle supposizioni, niente di più, che sono basate però su quello che già stiamo vedendo nel suo magistero, dai suoi primi discorsi particolarmente significativi, dai suoi primi scritti, le lettere, i messaggi che lasciano intravedere un tratto di personalità non indifferente ed una ripresa molto importante di alcuni grandi temi che erano già quelli di Francesco, approfondendoli però con una esperienza ed una visione che fanno parte della sua storia.
Quali sono questi temi?
La causa ecumenica è particolarmente importante ed è stato molto interessante vedere come la associa anche ad un dinamismo interno alla Chiesa Cattolica, che è il dinamismo della sinodalità. Lui vuole lanciare un messaggio e dire che questa dimensione sinodale è fondamentale dal punto di vista ecumenico, ma lo è prima di tutto per le nostre stesse Chiese. Questa cultura della sinodalità richiede a tutti di fare un salto di qualità essenziale.
Tra Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo, avevamo visto una piena sintonia. E ora? Come andrà avanti il loro dialogo. E su quali sfide?
Credo che andrà al di là di quella che è la personalizzazione del rapporto bilaterale con il Fanar. Sappiamo che Bartolomeo aveva un rapporto personale molto particolare con Papa Francesco. Erano due personalità che probabilmente anche umanamente si trovavano in modo particolare e sicuramente Papa Leone non lascerà cadere assolutamente questo rapporto privilegiato che Bartolomeo ha saputo creare con la Santa Sede. Fin dall’inizio, il Papa ha voluto dare un respiro ecumenico ampio al viaggio: l’inserimento nel programma del passaggio nella Chiesa della Cattedrale Armena Apostolica, come pure l’incontro con tutti i leader delle diverse Chiese presso la Chiesa ortodossa siriaca di Mor Ephrem.
Questo indica il fatto che gli sta a cuore un rapporto anche con le diverse Chiese, con la loro storia, dando un’attenzione a ciascuno, nella convinzione che l’ecumenismo sia un movimento dei cristiani.
Quali sono gli altri temi di cui parlava prima ce caratterizzeranno questo viaggio?
Ci saranno tutti i grandi temi sociali di Francesco.
Mi ha colpito recentemente l’intervento forte di Papa Leone sulla questione ambientale che troverà una profonda sintonia con il Patriarca Bartolomeo, per il ruolo indiscutibile che il Patriarca svolge da anni su questo fronte. C’è poi il tema – legato anche alla questione ambientale – che è quello delle migrazioni, dell’accoglienza e della disperazione dei poveri dell’umanità, degli scartati, di quelli che pagano il prezzo più alto delle sperequazioni economiche e ambientali e le conseguenze delle violenze politiche e delle guerre in corso. Sono temi che fin dall’inizio del suo pontificato, papa Leone ha dimostrato di non voler lasciare da parte. Tanto che nel suo saluto iniziale la sera stessa della sua apparizione al balcone su piazza San Pietro, lanciò al mondo un appello a disarmare i cuori, ispirandosi alle parole di padre Christian De Chergé, priore dei monaci Tibhirine, uccisi in Algeria nel maggio 1996. Sono temi essenziali che il papa approfondirà con calma e con attenzione perché non è assolutamente un tipo che ama la spettacolarizzazione ma ama andare in profondità.
Cosa vi attendete voi, comunità cattolica di Turchia, da questo viaggio?
Cosa attendiamo noi? Il Papa farà la sua parte e lascerà dei messaggi. Saremo noi a lavorarci dopo e a viverli nel quotidiano. Le ricadute delle sue parole dipenderanno molto da noi e da come sapremo lasciarci interrogare.