“I simply remember my favorite things /And then I don’t feel so bad”. È un passaggio del brano “My Favorite Things” cantato da Julie Andrews nel musical “Tutti insieme appassionatamente”. E forse è proprio questo l’effetto che suscita in Papa Leone XIV, che lo ha definito uno dei suoi titoli del cuore. È quanto ha rivelato a ridosso dell’incontro con gli artisti in Vaticano sabato 15 novembre 2025. Papa Prevost ha condiviso i suoi punti cardinali nella cinematografia, tra memoria personale e formazione: “La vita è meravigliosa” (1948) di Frank Capra; “Tutti insieme appassionatamente” (1965) di Robert Wise; “Gente comune” (1980) di Robert Redford; e “La vita è bella (1997) di Roberto Benigni. Quattro film che rivelano molto di Papa Prevost, del suo sguardo; titoli che mettono a tema difficoltà sociali, affanni relazionali e vertigini fosche della Storia, cui la risposta umana non è lo smarrimento o la resa, bensì un’ostinata fiducia.
(Foto archivio)
“La vita è meravigliosa” (1946) di Frank Capra
Nello spirito della Hollywood classica, è la favola sociale tra le più apprezzate e più volte richiamate nel periodo natalizio, un po’ come “Canto di Natale” di Charles Dickens: “La vita è meravigliosa” (“It’s a Wonderful Life”), film del 1946 firmato Frank Capra e ispirato al racconto “The Greatest Gift” (1939). Protagonisti James Stewart, Donna Reed ed Henry Travers. È la storia di una caduta, quella del padre di famiglia George Bailey, che assalito da difficoltà economiche e vinto dalla disperazione pensa a un gesto estremo. L’arrivo però di un passante, Clarence, in verità un angelo, lo salva e lo accompagna a riconciliarsi con la vita, grazie all’amore familiare e all’abbraccio della sua comunità. Una parabola sociale accesa dai toni della favola, una suggestione del sogno americano, quello che passa dal cuore, dai legami. Una pagina di cinema elegante e luminosa, tra realismo e poesia.
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“Tutti insieme appassionatamente” (1965) di Robert Wise
Seconda metà degli anni ’60, prima dell’ingresso dei fermenti e delle fratture della New Hollywood, arriva sul grande schermo “Tutti insieme appassionatamente” (“The Sound of Music”, 1966) di Robert Wise, coinvolgente musical ambientato nell’Austria del 1938, sul crinale degli anni foschi del Terzo Reich. Da una storia vera e dal testo teatrale di Rodgers e Hammerstein, il film racconta della famiglia von Trapp, un padre vedovo e i suoi sette figli; a scuotere la loro (infelice) quiete arriva Maria, novizia chiamata al discernimento, dal sorriso luminoso e dall’energia trascinante. Una ventata di aria fresca, che ravviva amore e fiducia. Premiato con 5 Oscar, l’opera brilla per la regia di Wise e per le performance di Julie Andrews e Christopher Plummer. Un titolo che esplora un caleidoscopio di temi senza tempo: ricerca di sé, amore, amicizia, famiglia, custodia dei legami e delle trazioni, della memoria. Anche questa una storia dai contorni della favola sociale impreziosita da brani musicali di rara bellezza.
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“Gente Comune” (1980) di Robert Redford
Ci ha lasciato lo scorso settembre. Robert Redford è stato un attore e un regista hollywoodiano di grande raffinatezza, dalla carriera solida e prolifica. Ne ha dato prova nel 1980 quando, forte di una sequela di titoli di successo come interprete (basta citare “Come eravamo”, “Il grande Gatsby” e “Tutti gli uomini del presidente”), ha deciso di passare alla regia con “Gente comune” (“Ordinary People”) dal romanzo di Judith Guest (1976), film interpretato da Donald Sutherland, Mary Tyler Moore e Timothy Hutton. Quattro Premi Oscar, tra cui miglior film e regia. “Gente comune” scandaglia le fratture dell’animo, il dialogo spezzato figli-genitori. Un’opera intensa, serrata, che abita il terreno del dolore, cercando di attraversarlo verso un nuovo inizio. Tra i quattro titoli cari a Papa Leone, questo è quello più realistico, spogliato dal filtro della favola o del fantastico; uno sguardo asciutto e vibrante, mai privo però della luce della speranza.
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“La vita è bella (1997) di Roberto Benigni
È ancora vivo il ricordo dell’urlo di gioia di Sophia Loren – “Robertoooooo!!” – durante la Notte degli Oscar del 1999. La diva italiana più amata a Hollywood era felice di consegnare uno dei tre Oscar a “La vita è bella” (1997) diretto, sceneggiato (con Vincenzo Cerami) e interpretato da Roberto Benigni. Il film della sua carriera, il film del cuore per molti, Papa Prevost compreso. “La vita è bella” ha saputo accostarsi con coraggio al dramma della Shoah e metterlo in racconto non con i consueti toni drammatici, bensì con quelli dolci della favola, arricchita da umorismo gentile. La storia di un padre e di un figlio rastrellati dai tedeschi perché ebrei e deportati nei campi di concentramento. La tragedia del lager viene però stemperata agli occhi del figlio dagli sforzi del padre, che cerca di mascherare l’orrore trasformandolo in un gioco, dove in palio c’è un premio importante: la salvezza, la vita, il riscatto dal male. Fedele a se stesso e alla propria comicità, Benigni omaggia Chaplin nel modo in cui volteggia con candore e ironia sulla tragedia. Una favola intessuta di sentimento, che schiude speranza e si fa custode della memoria.