Leggi le letture del giorno e il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Lettura
Salmo Responsoriale
Vangelo
Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Galati 2,1-2.7-14. L’assemblea di Gerusalemme
Paolo, dopo aver narrato la chiamata ricevuta da Dio per annunciare il Vangelo ai pagani, scrive ai Galati di essere tornato a Gerusalemme per confrontarsi con gli apostoli. Sa bene, infatti, che il "carisma" ricevuto da Dio è per l'edificazione della Chiesa e non per realizzazioni personali. Torna a Gerusalemme dopo quattordici anni di ministero, accompagnato da Barnaba e Tito. Paolo discute della sua azione missionaria con le "colonne" della Comunità, per evitare di "correre invano". Non che Paolo fosse dubbioso del Vangelo che predicava, tutt'altro, ma sapeva che è nella comunione che si costruisce la Chiesa e non nel protagonismo personale. A Gerusalemme dibatte liberamente con gli altri apostoli sul valore della legge. Paolo ottenne la conferma della sua azione pastorale da parte degli apostoli i quali - ed è singolare sottolinearlo - gli fecero una sola raccomandazione: "ci pregarono di ricordarci dei poveri". E Paolo: "Ciò che mi sono proprio preoccupato di fare". È senza dubbio significativo che alla conclusione di un così forte dibattito teologico-pastorale, la concordia è sull'urgenza di "ricordarsi dei poveri". L'amore, cuore della fede cristiana e quindi della salvezza, trova nel ricordo dei poveri uno dei cardini centrali. Paolo ricorda ai Galati la sua opposizione a Pietro quando questo venne ad Antiochia. Lo accusò di non avere un comportamento lineare: da un lato soleva "sedere a mensa" - anche a quella eucaristica - con gli etnico-cristiani, dall'altra, quando arrivavano i giudeo-cristiani da Gerusalemme, si asteneva dal partecipare agli incontri. Paolo sapeva che Pietro si comportava così "per timore" e non per convinzione. Ma quell'atteggiamento portava una divisione profonda nella comunità antiochena, facendo prevalere i giudeo-cristiani. In effetti, ne fu influenzato anche Barnaba che pure era abituato ad aver rapporti con gli etnico-cristiani. Paolo lo nota con amarezza: anche lui si "è lasciato travolgere nella ipocrisia". L'apostolo, temendo che nelle comunità della Galazia potesse ripetersi quanto era avvenuto ad Antiochia, interviene con grande decisione. Se però ad Antiochia era sufficiente stigmatizzare l'incoerenza di Pietro (2,14), in Galazia invece bisognava mostrare con chiarezza che tale comportamento intaccava il cuore stesso della fede. Un comportamento ambiguo, come quello di Pietro, rendeva inutile l'opera stessa di Gesù che aveva abbattuto il muro che separava gli ebrei e i gentili. Cristo, infatti, "di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che lì divideva, cioè l'inimicizia. Così egli ha abolito la legge, fatta di prescrizioni e di decreti" (Ef 2,14 s.). La comunità cristiana non è più divisa a causa della legge: l'unica Chiesa di Dio è composta da giudei e da gentili. Nella sequela di Cristo si realizza in radice la riconciliazione tra gli uomini, tra i popoli, tra le culture. Per questo Paolo chiarisce a Pietro che la sua ambigua condotta avrebbe avuto conseguenze devastanti per tutti: "Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?" (2,14). Non si devono caricare pesi inutili sulle spalle dei cristiani provenienti dal paganesimo, rischiando per di più di impedire ad altri di entrare nella comunità cristiana. Cristo è la pace e per questo la edifica tra gli uomini.
Preghiera con i santi

