Alle Chiese di Sardi e di Laodicea
Alle Chiese di Sardi e di Laodicea
M Mons. Vincenzo Paglia
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Salmo Responsoriale


Vangelo  


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Apocalisse 3,1-6.14-22. Alle Chiese di Sardi e di Laodicea

In questa pagina dell'Apocalisse sono riunite due lettere: quella alla Chiesa di Sardi e l'altra alla Chiesa di Laodicea. Cristo, presentato come Colui che possiede "la pienezza dello Spirito", ha un durissimo giudizio sulla Chiesa di Sardi: una Chiesa ch'è solo apparenza. Essa si illude di essere viva ma sta per morire perché indifferente e fredda. Senza l'amore e senza la misericordia, qualsiasi comunità cristiana muore. Non è l'organizzazione e neppure le opere che salvano ma solo la fede che porta ad affidarsi solamente al Signore. L'apostolo richiama la comunità ad accogliere la Parola perché sia il fondamento della vita quotidiana. Ogni comunità è chiamata a svegliarsi dal proprio torpore per riprendere con vigore ad ascoltare il Vangelo e comunicarlo al mondo. Quei pochi a cui l'apostolo si rivolge per ridare vita alla comunità, possono essere persone singole ma anche quella parte di ciascuno di noi che sa di poter confidare nel Signore. Tutti dobbiamo "rivestirci di bianco", ossia lasciarci guidare dal Vangelo. Ne abbiamo bisogno noi ed anche il mondo. L'umanità infatti sembra abbandonata al suo destino triste, senza più sogni e visioni, in preda al disegno disintegratore del Principe del male. Potremmo trovarci come ai tempi di Samuele. "La Parola di Dio era rara in quei giorni", come sta scritto. Tuttavia "la lampada di Dio non era ancora spenta" (1 Sam 3,1-3). Ci è chiesto di stare svegli e cogliere la luce di questa lampada. L'ultima delle sette lettere - quella rivolta alla Chiesa di Laodicea - in certo modo ricapitola tutte le altre. Laodicea era una città molto ricca, piena di banche e di scambi commerciali. Posta sulla strada dei commerci con i paesi d'Oriente, viveva nel lusso e in un atteggiamento rilassato ed egocentrico. La comunità cristiana, che si era lasciata contaminare da questo clima, riceve un violento attacco da Gesù, "testimone fedele e veritiero" e "Principio della creazione". Anche oggi ci troviamo in una società profondamente secolarizzata; c'è chi parla di "un mondo uscito da Dio". Ed in effetti, nella civiltà del benessere spesso Dio, più che combattuto, è ignorato. Si nota, è vero, anche una rinascita delle religioni. Ma questo non impedisce che la vita quotidiana si organizzi di fatto senza tener conto né del Vangelo né di Dio. Se c'è un comune denominatore che riguarda trasversalmente i popoli è la crescita senza freno dell'egoismo e della conseguente violenza che pervade ormai ogni campo. Le comunità cristiane, ripiegate su se stesse e succubi del clima egocentrico del mondo, rischiano di lasciarsi travolgere da un clima mondano senza più sogni e speranze. Questo adeguamento al mondo le priva di quella paradossalità e alterità che è insita nel Vangelo e che debbono ormai manifestare. Non si può stare nel mondo essendo come il mondo. Se la comunità cristiana non disturba, non inquieta, non interroga, non solo non si oppone al male, ma si lascia trascinare nella banalità e nella inefficacia. Insomma, non è né fredda né calda. Il Vangelo esige una crescita nell'amore, nella compassione, nella solidarietà. Gesù stesso continua a farsi ancora oggi mendicante di amore e a ciascuno di noi dice: "Ecco, sto alla porta e busso". Sono i poveri e i deboli; singole persone e paesi interi; tutti costoro stanno bussando alle nostre porte. Beate quelle comunità, beati quei cristiani, che aprono e li accolgono: in essi ricevono Gesù e, stando a cena con loro, cenano con Gesù stesso. Ma la verità della scena è il suo contrario: non siamo noi ad accogliere Gesù, è Lui che ci accoglie nei poveri e nei deboli e ci pone sul suo stesso trono, quello dell'amore. È con questi gesti che il Regno di Dio inizia il suo cammino sulla terra, come spesso si ripete nei Vangeli.

Preghiera con Maria, madre del Signore