Affidarsi al Signore
Affidarsi al Signore
M Mons. Vincenzo Paglia
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Lettura: Gc 1,1-11 | Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella diaspora, salute. Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla. Se qualcuno di voi è privo di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti con semplicità e senza condizioni, e gli sarà data. La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare, mossa e agitata dal vento. Un uomo così non pensi di ricevere qualcosa dal Signore: è un indeciso, instabile in tutte le sue azioni. Il fratello di umili condizioni sia fiero di essere innalzato, il ricco, invece, di essere abbassato, perché come fiore d'erba passerà. Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l'erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco nelle sue imprese appassirà. 


Salmo Responsoriale

R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.
R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.


Vangelo: Mc 8,11-13 | Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: "Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno". Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l'altra riva.


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Memoria di Onesimo, schiavo di Filemone, fratello nella fede dell’apostolo Paolo. Nella basilica di Santa Maria in Trastevere si prega per la pace.

Giacomo 1,1-11. Affidarsi al Signore

Giacomo si presenta all’inizio della lettera come “servo” di Dio. È il titolo su cui fonda l’autorevolezza delle sue parole, inserendosi così nella tradizione biblica che mostra il Signore scegliersi i propri servi (Mosè, Abramo, Davide e tutti i profeti). E’ con questa autorità che Giacomo si rivolge alle comunità cristiane della diaspora. Esse, seppure disperse in tante parti del mondo, sono riunite dal Vangelo di Gesù nell’unico nuovo popolo di Dio. La Chiesa infatti raccoglie l’eredità delle dodici tribù d’Israele e la testimonia al mondo intero. Giacomo, senza molti preamboli, vuole che le comunità “stiano bene”. Scrive loro che debbono essere sempre liete anche in mezzo alle difficoltà e alle prove che subiscono. Queste ultima, fa notare l’apostolo, sono da considerare come momenti utili per la crescita sia della comunità che del singolo credente. Si lega con la tradizione antica che faceva dire: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore” (Sir 2,1-5). La letizia di cui parla Giacomo è diversa dalla gioia del mondo, che cerca in ogni modo, anche disperatamente, di evitare le avversità. Francesco d’Assisi parlerà proprio della perfetta letizia nell’affrontare le numerose prove della vita, le inevitabili “tentazioni”, senza che provochino ira e delusione e senza che mettano in discussione la scelta di amare il Signore e di sentirsi amati da lui. Il diavolo tentò Giobbe proprio per dimostrare che la fede di Giobbe era forte solo perché le cose gli andavano bene. È nel buio che bisogna credere alla luce. Ce lo ricordano i martiri, sia quelli della prima generazione cristiana che quelli del nostro tempo, che affrontarono le prove più difficili con la pazienza fiduciosa in Dio. Le prove, infatti, aiutano a maturare una virtù che appare forse un po’ desueta, quasi di altri tempi: la pazienza. È una virtù possibile a tutti. Per l’apostolo la pazienza non è rassegnazione. Anzi, spesso la fretta di risolvere tutto rapidamente, di vedere i frutti immediatamente, ci rende solo superficiali e delusi. La pazienza è forza che permette di resistere alle prove. La vita evangelica richiede sempre una lotta per superare le tentazioni che portano a fare compromessi con il peccato. Per questo il credente deve chiedere a Dio la sapienza, che il Signore dona con semplicità e senza condizioni a chi la domanda. La sapienza viene dall’alto, non nasce da noi o dalle nostre tradizioni. Abbiamo bisogno di questa sapienza che non si misura con le nozioni, che non è una capacità tecnica e che, anzi, illumina tutte le attività ed i pensieri degli uomini. La sapienza di Dio è un cuore profondo, umano, interiore, capace di vivere quello che crede. Persino il grande re Salomone la chiese con insistenza a Dio per saper guidare con intelligenza e amore il suo popolo (Sap 9). Tutti debbono farsi umili e piccoli per ricevere la sapienza. Infatti, chi si fida solo di se stesso e conta con orgoglio solo sulle sue forze rimane incerto e indeciso; gli viene a mancare infatti la forza interiore per rispondere alle prove della vita. L’apostolo invita a chiedere aiuto con la fiducia dei bambini i quali si affidano al Padre senza pregiudizi, timori e riserve, certi che realizzerà quanto domandano. È facile, al contrario, indulgere nelle nostre incertezze, finire paradossalmente per amarle, restando legati alle tante agitazioni del nostro cuore, spesso banali, superficiali, eppure tanto nostre al punto da non sapercene liberare. Non colui che ha chiaro tutto e ha risolto tutto è saldo nella fede, ma chi sceglie di affidarsi a Dio come un bambino. Il salmista dice: “Io resto quieto e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre”. Chiediamo allora a Dio la sapienza del cuore per essere forti e pazienti nella vita. Giacomo si rivolge ad una comunità nella quale vi sono provenienze sociali diverse e che facilmente assimila ruoli e condizionamenti del mondo. Per questo ricorda a chi è di più umili condizioni di rallegrarsi perché ha trovato colui che lo innalza ed al ricco di gioire della sua umiliazione, perché questo lo aiuta a comprendere come la vita non dipende dai beni né dall’aspetto fisico. Il dono della sapienza fa trovare ad ognuno la giusta misura del vivere, abbandonando il facile orgoglio che innalza, ma anche la rassegnazione di chi si sente inutile. Giacomo ricorda di lasciare a Dio il compito di innalzare e di abbassare, perché non siamo padroni assoluti della vita.

Preghiera per la pace