Il “peccato di Geroboamo”
Il “peccato di Geroboamo”
M Mons. Vincenzo Paglia
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Lettura: At 13,46-49 | Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: "Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra". Nell'udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. 


Salmo Responsoriale

R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.
R. Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.


Vangelo; Lc 10,1-9 | Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio".  


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Memoria dei santi Cirillo (†869) e Metodio (†885), Padri delle Chiese slave e patroni d’Europa.

1 Re 12,26-32;13,33-34. Il “peccato di Geroboamo”

Dopo la morte di Salomone, Roboamo ritorna dall’Egitto e riconquista il regno di Giuda. Geroboamo decide di fargli guerra pensando così di ricomporre finalmente l’unità tra i due regni. Il profeta Semaia lo dissuade dalla guerra perché sarebbe una strage tra fratelli. E per convincerlo gli ricorda che la divisione dei due regni, quello di Giuda e quello di Israele, era stata permessa da Dio: «Così dice il Signore: Non salite a combattere contro i vostri fratelli israeliti; ognuno torni a casa, perché questo fatto è dipeso da me». Dio non vuole la divisione del suo popolo. A volte il Signore, attuando una pedagogia della pazienza, “cede” alla insipienza del suo popolo per evitare mali peggiori. Roboamo «ascoltò la Parola di Dio» e il conflitto, che sarebbe stata una strage fratricida, fu scongiurata; ma non abbandonò il suo disegno di potere. E, non avendo né Gerusalemme né il tempio, cercò di sostituirli con altri luoghi favorendo così un’altra religiosità. Suo intento era far dimenticare ai suoi sudditi Gerusalemme e il tempio per conservare in tal modo il suo potere. Fu solerte nel creare nuovi altari, nuovi riti religiosi e nuove feste. I suoi sudditi accolsero questa decisione del re, eccetto il gruppo dei leviti che emigrarono in massa verso il regno del Sud, come racconta il secondo libro delle Cronache (11,13-14). In effetti, Geroboamo riuscì a staccare i suoi sudditi da Gerusalemme e dal regno del Sud facendo praticare loro un culto che li portava lontano dal Dio dei Padri. Ma «questo fatto portò al peccato», nota amaramente l’autore sacro. Geroboamo, in effetti, preoccupato solo per il proprio potere, aveva dimenticato che non era stato lui a liberare il popolo dalla schiavitù dell’Egitto, ma il Signore e che solo il Signore restava il vero sovrano del suo popolo. L’orgoglio e la sete del potere lo avevano accecato sino a portare anche il popolo lontano da Dio.

Preghiera della vigilia