V del tempo ordinario
V del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Prima Lettura: Is 58,7-10 | Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: "Eccomi!". Se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all'affamato, se sazierai l'afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio


Salmo Responsoriale

R. Il giusto risplende come luce.

Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti: misericordioso, pietoso e giusto.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia.
R. Il giusto risplende come luce.

Egli non vacillerà in eterno: eterno sarà il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrà da temere, saldo è il suo cuore, confida nel Signore.
R. Il giusto risplende come luce.

Sicuro è il suo cuore, non teme, egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre, la sua fronte s’innalza nella gloria.
R. Il giusto risplende come luce.


Seconda Lettura: 1Cor 2,1-5 | Anch'io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l'eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio. 


Vangelo: Mt 5,13-16 | Voi sono il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Is 58,7-10; Sal 112(111); 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16

Gesù, immediatamente dopo le Beatitudini, si rivolge ai discepoli e dice loro che sono il sale della terra e la luce del mondo. Siamo ancora all’inizio della predicazione evangelica e senza dubbio i discepoli non possono vantare una esemplare condotta da «uomini delle beatitudini». La funzione di essere sale della terra e luce del mondo non deve essere mai disattesa. Ognuno di noi sa bene, di fronte a queste parole di Gesù, di essere una povera persona: davvero siamo poca cosa, rispetto al compito che ci viene assegnato e alla beatitudine che abbiamo letto domenica scorsa. Com’è possibile essere sale e luce? Non siamo tutti al di sotto della sufficienza? L’apostolo Pietro, in un momento di consapevolezza, quando riconobbe il Signore, disse: «Allontanati da me, perché sono un peccatore». Questa frase, che tutti possiamo, anzi dovremmo pronunciare, troppe poche volte esce dalle nostre labbra. In genere abbiamo una buona considerazione di noi stessi. E se talora insistiamo sui nostri limiti, lo facciamo per un senso rinunciatario più che per umiltà, quindi non per illuminare e salare pur potendolo fare. È come dire che la presunta indegnità diventa pian piano passività, quindi pigrizia e infine rinuncia. Ma il Vangelo insiste: noi, poveri uomini e povere donne, siamo sale e luce. Non lo siamo certo da noi stessi, ma solo se abbiamo un po’ di vero sale e di vera luce che è Gesù di Nazareth. La luce non viene dalle doti personali di ciascuno o da un buon temperamento e neppure dalle nostre virtù. L’apostolo Paolo, nella sua lettera ai cristiani di Corinto, ricorda che egli non si presentò in mezzo a loro con sublimità di parole: «Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione». Eppure, malgrado la sua debolezza, il suo timore e la sua trepidazione, difese l’onestà del suo ministero: «Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso». La debolezza dell’apostolo non oscura la luce dell’annuncio, né diminuisce la forza della predicazione e della testimonianza. Al contrario ne è un pilastro e ne dà la ragione «perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana ma sulla potenza di Dio». Paolo aggiunge: «Chi si vanta, si vanti nel Signore». Il nostro vanto non è mai in noi stessi, ma in Dio. La sua grazia e il suo amore rifulgono nella nostra debolezza. Non ce ne possiamo appropriare. Essi ci superano sempre e non ci abbandonano mai. Aggiunge Gesù: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». È l’invito a diventare operatori del Vangelo. E il profeta aveva già spiegato in cosa questo consiste: «Nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti». È la carità la luce del Signore, una carità ampia che allarga il cuore.

Preghiera nel giorno del Signore