Guarigione di Naaman
Guarigione di Naaman
M Mons. Vincenzo Paglia
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Lettura: 2Re 5,1-15a | Naamàn, comandante dell'esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramei. Ma quest'uomo prode era lebbroso. Ora bande aramee avevano condotto via prigioniera dalla terra d'Israele una ragazza, che era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: "Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che è a Samaria, certo lo libererebbe dalla sua lebbra". Naamàn andò a riferire al suo signore: "La ragazza che proviene dalla terra d'Israele ha detto così e così". Il re di Aram gli disse: "Va' pure, io stesso invierò una lettera al re d'Israele". Partì dunque, prendendo con sé dieci talenti d'argento, seimila sicli d'oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d'Israele, nella quale si diceva: "Orbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn, mio ministro, perché tu lo liberi dalla sua lebbra". Letta la lettera, il re d'Israele si stracciò le vesti dicendo: "Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me". Quando Eliseo, uomo di Dio, seppe che il re d'Israele si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: "Perché ti sei stracciato le vesti? Quell'uomo venga da me e saprà che c'è un profeta in Israele". Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Eliseo gli mandò un messaggero per dirgli: "Va', bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato". Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: "Ecco, io pensavo: 'Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra'. Forse l'Abanà e il Parpar, fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque d'Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?". Si voltò e se ne partì adirato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: "Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l'avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: 'Bàgnati e sarai purificato'". Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato. Tornò con tutto il seguito dall'uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: "Ecco, ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo".


Salmo Responsoriale

R. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.

Come la cerva anèla
ai corsi d’acqua,
così l’anima mia
anèla a te, o Dio.
R. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.

L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?
R. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.

Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora.
R. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.

Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio.
R. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.


Vangelo: Lc 4,24-30 | Poi aggiunse: "In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro". All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.  


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

2Re 5,1-15a. Guarigione di Naaman

La storia della guarigione di Naamàn è uno degli episodi più noti del secondo libro dei Re. Naamàn (che in ebraico significa "affascinante") è un "grande uomo" (nella Bibbia della CEI "personaggio autorevole") protetto anche dal Signore per la vittoria sugli aramei. È però malato di lebbra. E grande è la preoccupazione della sua famiglia e dello stesso re per la sua salute. Ovviamente, le sue qualità umane, la sua condizione sociale, il suo potere non cancellano la sua fragilità. Ma c’è tra i deportati della sua casa una "piccola ragazza" israelita. Costei suggerì alla moglie di Naamàn di recarsi presso il profeta Eliseo perché avrebbe potuto liberarlo dalla lebbra. È dalla fede di questa "piccola ragazza" ebrea che prende avvio la guarigione del "grande uomo" arameo. È un’ulteriore conferma dell’efficacia della fede che è più forte della potenza umana. Il re, anche se non ha compreso il senso profondo dell’intervento della ragazza, crede che tutto dipenda dal re d’Israele. Manda quindi una delegazione ricca di doni da presentare al sovrano d’Israele perché accolga la sua richiesta: tre quintali d’argento, seimila monete d’oro e dieci cambi di vestiti. Il re d’Israele, dopo aver letto la lettera con la richiesta della guarigione del generale, si irrita: "Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra?". Potremmo dire che anche lui non comprende quanto sta accadendo, come spesso capita ai credenti quando si fermano alla superficie degli eventi e non si impegnano a capire le vicende umane illuminati dalle sante Scritture. Eliseo, invece, attento alla Parola di Dio e ai "segni" che il Signore manda, saputa la cosa, corregge il re e fa venire da lui Naamàn. Senza uscire di casa gli manda un messaggero per dirgli di andare a bagnarsi sette volte nel Giordano. Al termine della settima immersione sarebbe guarito. Naamàn, di fronte a questo semplice invito, reagisce sconcertato e arrabbiato. Lui forse pensa che si tratta di un semplice rito terapeutico. In verità è un gesto squisitamente religioso perché l’obbedienza alla parola del profeta significava l’obbedienza a Dio stesso. Era necessario comprendere quelle parole nel loro senso più profondo, come originate da Dio stesso, e non fermarsi alla superficie. Altrimenti era ovvio che i due fiumi che bagnano Damasco fossero molto più importanti del modesto fiume Giordano. Naamàn viene convinto dai servi ad eseguire alla lettera la parola del profeta e ad immergersi sette volte nel fiume. È bastata anche una obbedienza non pienamente consapevole per sconfiggere il male. Ecco, infatti, che al termine delle immersioni "il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo". Naamàn poteva essere riammesso a corte e riprendere la sua vita ordinaria. Ma non era stato solo guarito nel corpo. Naamàn aveva compreso che nelle parole del profeta vi era la presenza di Dio. E fece quindi la sua professione di fede nel Dio di Israele: "Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele". Volle prendere due carichi della terra di Israele per portarla in Siria per continuare a lodare il Signore. Non erano stati necessari i ricchi doni per ottenere la guarigione; era bastato seguire il suggerimento di quella "piccola ragazza" e l’obbedienza alla parola del profeta. Non servivano i ricchi doni portati anche a nome del re, tanto che Eliseo li rifiuta. Nel rapporto con Dio conta il cuore, conta la fiducia in Lui. Naamàn obbedì a quanto gli era stato detto e ottenne la "liberazione" piena. E Naamàn diviene segno di salvezza anche per il suo popolo.

Preghiera per i poveri