XXIII del tempo ordinario
XXIII del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Leggi le letture del giorno e il commento di Monsignor Vincenzo Paglia


Prima Lettura 


Salmo Responsoriale

 


Seconda Lettura 


Vangelo


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Ez 33,1.7-9; Sal 95(94); Rm 13,8-10; Mt 18,15-20

In questa prima domenica di settembre, dopo la celebrazione della festa di Sant’Egidio del abbiamo ricordato i 1300 anni dalla nascita, ci ritroviamo raccolti assieme nella santa Liturgia del giorno del Signore. E sentiamo la forza particolare delle parole evangeliche che abbiamo ascoltato: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Gesù ci assicura la sua compagnia. La sua presenza in mezzo a noi rende il nostro stare insieme – al di là delle nostre fragilità e pochezze - sacramento della sua amicizia. Essere qui, care sorelle e cari fratelli, è un dono di Gesù per ciascuno di noi e per tutti coloro che si uniscono a questa nostra preghiera. Riunirsi assieme – anche in questo tempo di pandemia con il rispetto delle disposizioni previste - permette di vivere quella fraternità che è il tesoro più prezioso che il Signore dona al mondo. E’ un dono che ci aiuta a non abituarci al dolore che provocano solitudine e abbandono, che rendono amara la vita di migliaia di persone. Il Vangelo, in un mondo in cui sembra impossibile accordarsi anche tra vicini, non cessa di credere possibile l’accordo tra gli uomini, non si stanca di invitare ad incontrarsi, e ad apprendere l’arte di convivere assieme.

La mentalità, purtroppo diffusa, di imporre i propri ritmi, di porre se stessi sopra gli altri credendo così di difendersi, rende paralleli, aggressivi, impauriti di perdersi nell’amicizia con l’altro. La preghiera comune è essa stessa una forza che unisce; rende forti nella scelta di amare ed aiuta a sperare in un mondo non più dominato dal male. Radunarsi per invocare il Signore è il primo modo per non cedere alla divisione, per ribellarsi ad essa. Finché ci sarà una preghiera resterà accesa la speranza di cambiare il mondo. E’ il senso delle preghiere della Comunità ovunque nel mondo: sono speranza per tanti. Per questo dobbiamo aver cura perché molti “due o tre” – aiutandosi in ogni modo, anche attraverso i mezzi del web - si accordino per intercedere presso il Signore per la salvezza di un mondo ingiusto e violento. La preghiera piega il cuore di Dio e salva il mondo.

E’ anche questo il senso della parola che abbiamo ascoltato dal profeta Ezechiele: “Io ti ho costituito sentinella per gli israeliti; ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia”. Il mondo ha bisogno di sentinelle, di uomini e donne che sentono la responsabilità del mondo intero. Le sentinelle scrutano la notte lunga per vedere i primi segni dell’aurora; non si distraggono nell’euforia del benessere o nel sonno del pensare a sé, sanno riconoscere il male, avvertono la sua minaccia e lo affrontano. La sentinella vede anche i segni di amore, ringrazia e riconosce in essi la presenza di Dio che guida la storia del mondo e non abbandona mai gli uomini a se stessi. Le sentinelle ascoltano, perché senza ascolto finiamo per addormentarci conformandoci banalmente alla mentalità comune. E’ l’ascolto che rende il cuore sveglio, come quello della sentinella. La sua attesa è legata agli altri, perché non c’è futuro e salvezza da soli.

Il Vangelo aggiunge: “Se il tuo fratello commette una colpa, va’ ed ammoniscilo”. E’ facile giudicare gli altri, qualche volta istintivo, spesso un’abitudine. Siamo pronti a giudicare ma pigri nell’aiutare. Sappiamo identificare la pagliuzza ma poco togliamo la trave dal nostro occhio. Il Vangelo invita a farsi carico dell’altro, a guadagnare il suo cuore con la pazienza dell’amore senza arrendersi alla prima difficoltà o rifiuto. Il Vangelo ci vuole fratelli buoni ed insistenti, capaci di sciogliere dall’amore per sé stessi e legare nel vincolo della carità. Gesù ce ne dà l’esempio: è il primo a correggerci non per deprimerci od umiliarci ma perché non smette di avere fiducia in noi. Facciamo così anche noi. 

Siamo tutti, sempre, debitori di amore verso i fratelli: siamo stati amati esageratamente, contro ogni ragione, spesso anche contro noi stessi; abbiamo ricevuto tantissimo e così poco abbiamo restituito. Non basta non fare il male, perché abbiamo un debito da pagare. Non vergogniamoci di essere debitori gli uni degli altri, tutti, nessuno escluso: averne coscienza ci spinge ad essere migliori, più sensibili verso i fratelli, premurosi per quello che ancora manca all’altro, pieni di cortesia ed affetto. E se noi siamo debitori gli altri hanno un credito, quindi un diritto, specialmente i più poveri. Lasciamoli riscuotere: chiederà amore; visite; parole; sostegno; consiglio, protezione. Pieno compimento di tutto è l’amore!

Preghiera nel giorno del Signore