Atti 18,1-8 | Corinto era una città greca cosmopolita e famosa per il suo porto e il commercio. Entrato in città, Paolo si avvia direttamente verso i popolosi quartieri del porto ove incontra Aquila e Priscilla, una coppia di ebrei-cristiani cacciati da Roma per un editto dell’imperatore Claudio contro gli ebrei. L’amministrazione romana non faceva distinzione tra i due gruppi, gli ebrei convertiti al cristianesimo e gli altri ebrei. Paolo alloggia presso questa fa-miglia e lavora con essa per guadagnarsi il pane. Il sabato, come al solito, va in sinagoga, per spiegare a tutti che Gesù è il Messia. È significativa la nota dell’autore degli Atti sull’azione di Paolo: «Cominciò a dedicarsi tutto alla Parola». È una indicazione che dovrebbe interrogare le comunità cristiane di oggi per riscoprire l’urgenza di comunicare nuovamente il Vangelo. La prospettiva missionaria deve ritrovare il primato della Parola nella vita dei credenti. Era questa l’urgenza di Paolo che si dava, appunto, anima e corpo al Vangelo. E i frutti non mancarono; ci fu la conversione anche di Crispo, capo della sinagoga. E Corinto vide nascere una numerosa comunità formata in gran parte da commercianti, marinai, schiavi e liberti; si potrebbe dire una comunità di gente del porto: un gruppo vivacissimo, dinamico e, al tempo stesso, complesso e con non pochi problemi di convivenza. Quella comunità era comunque un segno di speranza non solo per quei portuali ma per tutta la città di Corinto. È quel che è chiesto alle nostre comunità, spesso minoritarie dentro il pluralismo complesso delle nostre città: es-sere case di pace e di amore che umanizzano l’intera città.
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Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Salmo Responsoriale
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