Conversione del carceriere
Conversione del carceriere
M Mons. Vincenzo Paglia
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Atti 16,22-34 | A Filippi la predicazione cristiana affronta non solo un ambiente religioso politeistico come a Listra, ma anche una cultura legata ai modelli di vita romani. Il problema nasce dal momento che Paolo libera da uno spirito immondo una povera schiava che con le sue arti di veggente faceva guadagnare denaro al suo padrone. Paolo la guarisce. Assieme a Lidia, convertita, questa schiava è la seconda donna che segna questo inizio del cristianesimo europeo. Il padrone di questa donna, assieme ai suoi amici, suscita una forte opposizione contro Paolo e Sila sino a farli incarcerare. Ma anche questa volta il Signore libera i suoi discepoli dalle catene. Spesso nel primo cristianesimo si rileva una singolare vicinanza tra il Vangelo e il carcere. E forse anche per questo l’evangelista Matteo ribadisce l’obbligo per tutti, non solo per i discepoli, di visitare i carcerati. Per i cristiani l’esperienza del carcere fu frequente nei primi secoli, e in realtà non sono mai mancati nella storia esempi di credenti incarcerati a causa della fede. È perciò quanto mai significativo che in questo nostro tempo i cristiani si adoperino per portare consolazione all’interno delle carceri, particolarmente in quelle ove la vita è violentata. È quel che racconta questa pagina degli Atti degli Apostoli. Paolo e Sila, mentre pregano, provocano un «terremoto» che fa tremare le mura e cadere le catene. E soprattutto cambiano il cuore del carceriere che voleva uccidersi per quanto era accaduto. Paolo e Sila lo aiutano a comprendere quel che è accaduto e lui, vinto dall’amore, li conduce fuori del carcere, liberandoli. Il carceriere li accolse e l’intera sua famiglia si convertì al Vangelo. L’amore di Paolo e Sila aveva trasformato quell’uomo e tutta la sua famiglia.

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Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

 


Salmo Responsoriale

 


Vangelo ... | ...