Atti 1,21-26 | Oggi facciamo memoria dell’apostolo Mattia. Fu eletto subito dopo l’ascensione di Gesù al cielo per ricomporre il numero di dodici, corrispondente alle dodici tribù di Israele, ossia all’intero popolo eletto. In quel nu-mero c’era un’ansia di completezza e, assieme, la visione dell’universalità della salvezza che fu la più urgente preoccupazione della prima comunità cristiana. La tensione verso l’universalità della salvezza non poteva essere né attutita né tanto meno soppressa. Il tradimento di Giuda non poteva bloccare questa visione universale radicata nel cuore del Vangelo. Per Gesù, tutti gli uomini e tutte le donne di ogni popolo e di ogni terra hanno diritto a ricevere l’annuncio della salvezza. La Chiesa ha ricevuto questa vocazione a comunicare il Vangelo sino ai confini della terra. Era necessario eleggere il “dodicesimo” apostolo: nessun popolo, nessuna nazione, nessuna persona è estranea all’amore e alla preoccupazione della Chiesa. Non si trattava di eleggere una persona qualsiasi. Viene immediatamente stabilito il criterio: l’eletto doveva aver vissuto con Gesù, averlo ascoltato, visto, toccato, seguito; insomma, doveva essere un vero testimone. La tradizione, infatti, pone Mattia come uno dei settantadue discepoli di Gesù. Nel prefazio della liturgia ambrosiana si canta: «Perché il numero degli Apostoli fosse compiuto, rivolgesti un singolare sguardo d’amore su Mattia, iniziato alla sequela e ai misteri del tuo Cristo. La sua voce si aggiunse a quella degli altri undici testimoni del Signore e recò al mondo l’annunzio che Gesù di Nazaret era veramente risorto e agli uomini si era dischiuso il regno dei cieli». In Mattia possiamo scorgere il nome dei discepoli di ogni tempo. A tutti i discepoli viene affidata la cura della comunità.
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Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Salmo Responsoriale
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