Addio agli anziani di Efeso
Addio agli anziani di Efeso
M Mons. Vincenzo Paglia
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Atti 20,17-27 | Dopo essere sbarcato a Mileto, l’apostolo manda a chiamare gli «anziani» della comunità di Efeso perché lo raggiungano. L’apostolo vuole salutarli e lasciare loro il suo «testamento pastorale», visto che saranno loro i responsabili della comunità. E inizia ricordando la sua stessa testimonianza: «Voi sapete come mi sono comportato con voi». L’apostolo è consapevole che quegli «anziani» debbono essere «i modelli del gregge». Paolo si mostra loro come modello di pastore ricordandogli come lui stesso ha vissuto nei tre anni di ministero a Efeso. Paolo concepisce dunque il suo ministero come «servizio al Signore». Così Gesù ha indicato a noi la via, anche quella della comunicazione del Vangelo. La mitezza, in effetti, apre i cuori e li dispone all’ascolto del Vangelo e all’incontro con Dio. Paolo confida quindi agli anziani di Efeso che andrà a Gerusalemme, non per un suo capriccio ma perché «spinto dallo Spirito». Non sa bene cosa gli accadrà, è consapevole però che il servizio del Signore comporta opposizioni e prove: parla di «tribolazione» e accenna anche alla morte. Il «martirio» è essenziale al Vangelo. Albert Schweitzer, il noto biblista protestante del secolo scorso che andò a vivere in Africa in un lebbrosario, scriveva: «Dobbiamo ridiventare capaci di sentire ancora in noi ciò che vi è di eroico in Gesù… Solo allora il nostro cristianesimo e la nostra concezione del mondo ritroveranno l’eroico e ne saranno vivificati». Essere «martire» diceva mons. Romero significa «dare la propria vita» per il Signore e per gli altri, non importa se con il sangue o in altro modo. Quel che conta è spendersi totalmente perché il Vangelo sia comunicato.

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Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

 


Salmo Responsoriale

 


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