XXII del tempo ordinario
XXII del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Sir 3,17-20.28-29; Sal 68 (67); Eb 12,18-19.22-24a; Lc 14,1.7-14 | Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci porta nella casa di un fariseo che ha invitato Gesù per un pranzo in giorno di sabato. E’ la terza volta che accade. Nel primo cristianesimo questa tradizione continua con celebrazione dell’agape che comprendeva anche la “fractio panis”. Gesù osserva che gli altri invitati entrando corrono a scegliere i primi posti. E profitta per raccontare una parabola che, in realtà, è una lezione di vita che riguarda il comportamento nel suo Regno. Siamo ben oltre, perciò, una regola di galateo o di semplice buon senso. La scelta del primo posto riguarda il cuore, non le poltrone. Si può cercare il primo posto anche mettendosi nell’ultimo magari per starsene tranquilli, senza avere scocciature, continuando a farsi i propri interessi o i propri comodi. Scegliere i primi posti – vuol dire Gesù - significa voler porre se stessi avanti a tutti; piegare gli altri a noi stessi; imporre sugli altri le nostre sensazioni, i nostri punti di vista; insomma, pretendere di essere serviti piuttosto che servire, onorati, considerati, piuttosto che disponibili al servizio. E’ in questa prospettiva che poco prima Gesù ha detto ai farisei: “Guai a voi perché amate il primo seggio nelle sinagoghe”(Lc 11, 43). Ricordiamo la parabola del fariseo e del pubblicano nel tempio e la facilità con cui il primo disprezza il secondo che sta in fondo. Gesù invita a considerare l’umiliazione a cui si va incontro con il padrone di casa che ti chiede: “Cedigli il posto!” (v. 9). Il Vangelo propone un totale ribaltamento: non si tratta di fare la scelta giusta per non essere umiliati, ma di scegliere le vere priorità, quelle del Regno, dove chi si umilia viene esaltato e chi si esalta verrà umiliato. Agli ascoltatori deve essere sembrata assurda, rivoluzionaria, questa prospettiva. E potremmo dire che lo è ancora oggi. La Santa Liturgia che ci raduna ogni giorno del Signore – raccogliendo l’ininterrotta tradizione spirituale cristiana – ci è maestra. Fin dal suo inizio – i gesti e le parole iniziali - ci fa invocare per tre volte il perdono: “Signore, pietà”. E solo dopo ci sentiamo dire dal Signore: “Amico, passa più avanti…vieni, ascolta la mia parola, gusta il mio pane e bevi il mio calice”. Chi si umilia viene onorato “davanti a tutti i commensali”. Lo stesso Siracide che presenta Dio come Padre degli umili ce lo ricorda: “Figlio compi le tue opere con mitezza e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più umiliati; così troverai grazia davanti al Signore; perché dagli umili Egli è glorificato”. E l’apostolo Pietro – lo abbiamo ascoltato dalla sua lettera - esorta i cristiani a “rivestirsi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili” (5,5). Di uomini e donne umili è fatto il popolo che Gesù si è raduna. Con loro cammina per le città e i villaggi non alla ricerca dei primi posti, o reclamando attenzione e privilegi per sé, ma commuovendosi sulle folle stanche e sfinite: le raccoglie e le condurle in pascoli erbosi. Al fariseo che lo ha invitato Gesù presenta una nuova visione: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli... perché anch’essi non ti invitino... e tu ne abbia il contraccambio. Al contrario... invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti” (vv. 12.13). E’ la proposta di una nuova visione che mette al centro l’amore, l’accoglienza che non pretende il contraccambio. Sia l’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi che Giacomo nella sua lettera, rimproverano le rispettive comunità per aver smarrito questa prospettiva ed esortano a vivere e a mostrare la novità del Vangelo.

Prima Lettura ... | ...


Salmo Responsoriale

 


Seconda Lettura ... | ...


Vangelo ... | ...


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

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