XXXIII del tempo ordinario
XXXIII del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Leggi le letture del giorno e il commento di Monsignor Vincenzo Paglia


Prima Lettura 


Salmo Responsoriale

 


Seconda Lettura 


Vangelo


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Festa dei poveri. Memoria della dedicazione della basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma. In questa chiesa prega ogni sera la Comunità di Sant’Egidio.

Pr 31,10-13.19-20.30-31; Sal 128(127); 1Ts 5,1-6; Mt 25,14-30

oggi siamo uniti a tutte le chiese che in ogni parte del mondo celebrano la giornata dei poveri. Papa Francesco, istituendo la festa di oggi, ha voluto manifestare il posto dei poveri nella vita della Chiesa: la loro centralità è il cuore stesso del Vangelo. Possiamo somigliare l’amore per i poveri ai talenti di cui parla il Vangelo che abbiamo ascoltato. Le opere di misericordia – che l’evangelista Matteo richiama nel brano seguente a quello odierno - sono come quei talenti che il Signore ha affidato alle sue chiese come li affidò a quei servi. Lungo la storia, sino al suo ritorno, le Chiese sono chiamate a far fruttare quei talenti, ciascuna secondo le capacità di ciascuno. Il Vangelo sottolinea l’enorme valore dei talenti: cinque talenti valgono come 500 chili d’oro. Una somma rilevantissima. Ebbene, altrettanto vale l’amore per i poveri. E’ un tesoro di ricchezza che il Signore consegna alla sua Chiesa perché sia continuamente trafficato, moltiplicato.

Accade purtroppo che non si comprende il valore di questo amore. Non di rado, infatti, l’amore per i poveri diviene un impegno tra gli altri, riservandolo ad alcuni o riducendolo a pratiche e burocrazia. Il Vangelo ci dice, invece, che ha un valore enorme. Per questo possiamo immaginare lo stupore di quei servi nel ricevere quei talenti. Avevano ragione a stupirsi e a gioire. Si potrebbe dire che la festa di oggi vuole svegliare nei cuori dei discepoli la gioia per ricevere il talento dell’amore per i poveri. E comprenderne il valore l’enorme efficacia nella missione evangelica.

La parabola evangelica afferma chiaramente che tale amore va trafficato, va moltiplicato. E l’insistenza di papa Francesco perché le comunità cristiane escano dai loro recinti e si rechino nelle periferie urbane e umane per moltiplicare l’amore verso i poveri e i deboli è proprio la risposta che i servi sono chiamati a dare al dono ricevuto. Quei talenti vanno fatti fruttare e subito. La nota l’evangelista: il primo servo – e con lui anche il secondo – dopo aver ricevuto i talenti, “subito” si mette all’opera e raddoppia il capitale (v. 16). Il Vangelo mette fretta, una fretta che nasce dalla immensa folla di poveri che attende di essere amata e sollevata. Era la fretta di Gesù: quando vide le folle di poveri che accorrevano a lui si incamminò subito per le strade per comunicare il Vangelo del regno e curare ogni malattia e infermità. E, potremmo aggiungere seguendo la logica della moltiplicazione, che questa fretta spinse Gesù a moltiplicare i talenti con l’invio dei Dodici, prima, e dei settantadue, dopo. E così, di generazione e generazione cristiana, sino ad oggi, Gesù chiede che si moltiplichino i talenti dell’amore per le innumerevoli periferie di questo mondo.

E’ in questo orizzonte di generosità missionaria che si comprendono le parole di Gesù riportate dall’Apostolo Paolo: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Sì, non basta ricevere. Così ragionava il terzo servo. Egli non comprese che quel talento non era per lui. Era un dono per tutti, ma lui ne fece un possesso per sé. Si contentò di ricevere, potremmo dire, ossia ridusse la sua contentezza al conservare per sé quanto aveva ricevuto. Non era questa la logica del padrone. Non è questa la logica del Vangelo. E rimase triste e impaurito. Quanta distanza dal Signore si coglie nelle sue parole! “So che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.

Non così per i primi due discepoli. E non deve essere così per noi, care sorelle e cari fratelli. Il Signore ci ripete: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Quel che riceviamo dobbiamo moltiplicarlo per i più poveri. E ancora: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Sì, care sorelle e cari fratelli, abbiamo ricevuto dal Signore cinque talenti. Abbiamo gustato la gioia che nasce ogni volta che li moltiplichiamo. E’ il dono più bello che possiamo continuare a fare a questo nostro mondo. E riceveremo ancor più di quel che abbiamo già ricevuto. E sentiremo anche noi la gioia di quei due servi che si sentiranno dire: “Beato servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto: prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 

Preghiera nel giorno del Signore