Festa di tutti i santi
Festa di tutti i santi
M Mons. Vincenzo Paglia
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Leggi le letture del giorno e il commento di Monsignor Vincenzo Paglia


Prima Lettura 


Salmo Responsoriale

 


Seconda Lettura 


Vangelo


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Memoria di tutti i santi, i cui nomi sono scritti nei cieli. In comunione con loro ci rivolgiamo al Signore riconoscendoci suoi figli.

Ap 7,2-4.9-14; Sal 24(23); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a

“Oggi ci dai la gioia di contemplare la città del cielo, la santa Gerusalemme che è nostra madre, dove l’assemblea dei fratelli glorifica in eterno il tuo nome”. Così canta il prefazio della festa di tutti i Santi. L’apostolo Giovanni, nell’Apocalisse, ci rende partecipi della sua visione: “Ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stanno in piedi davanti all’agnello, avvolti in vesti candide, e tengono rami di palme nelle mani”. E’ per noi immediato, care sorelle e cari fratelli, legare questa visione dell’apostolo a quella che abbiamo contemplato con i nostri occhi nei giorni della preghiera per la pace terminata con l’evento al Colosseo. Eravamo uomini e donne provenienti da ogni nazione e popolo, tutti diversi per storie e appartenenze, tutti però raccolti come un unico popolo che grida perché nel mondo venga la pace. E’ un popolo che da decenni compie il suo pellegrinaggio continuandolo di città in città e arricchendosi via via di credenti che si uniscono e assieme implorano la pace. Molti di questi nostri compagni di viaggio sono ora tra quella moltitudine ch’è giunta nella Gerusalemme del cielo: ne conosciamo i volti e i nomi. Questa Santa Liturgia ci riunisce tutti assieme, appunto, come un unico popolo che la morte non riesce a separare. Anch’essi – lo scrive Giovanni nell’Apocalisse – “gridavano a gran voce”. Sì, è il grido per la pace. E possiamo dire che è questo grido – ch’è anche preghiera – a rendere santo questo popolo. “Santo” vuol dire “separato”, un popolo separato da coloro che si lasciano sedurre dalla guerra e dalla violenza. E’ un popolo che è chiamato a gridare ovunque la pace. Come a rendere presente già da ora la Gerusalemme del cielo. Quella città che la Liturgia ci fa chiamare nostra madre.

La sua santità ci avvolge. Come ci avvolge questa santa liturgia. Anzi ci genera. La santità non è una buona o meno buona qualità morale, la santità è anzitutto una dimensione storica, è la realtà di essere separati dal potere del male, del peccato, della violenza distruttrice. E’ la santità della Chiesa, la santità della Comunità che ci rende santi. L’apostolo Giovanni, nella sua prima lettera, ai discepoli così spesso smemorati, e lo siamo anche noi, ricorda questo straordinario dono che abbiamo gratuitamente ricevuto dal Signore: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!... Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato”.

Fin da ora siamo figli di Dio, appunto, perché siamo partecipi di questo popolo, generati da questa Madre che continua a chinarsi amorevolmente e pazientemente su di noi per condurci verso il cielo, verso la celeste Gerusalemme abitata dalla moltitudine dei salvati. Questa Madre ogni giorno ci accompagna sulla via della salvezza, ossia sulle vie delle beatitudini, con i poveri, gli afflitti, i prigionieri, gli operatori di giustizia e di pace. E ci raduna per la preghiera facendoci alzare gli occhi verso la Gerusalemme del cielo. La santità non è una via individuale né un premio per meriti acquisiti. La santità è essere figli di questa Madre, membri di questa santa Famiglia, partecipi della vita di questo popolo. Non è una parentesi della propria esistenza, è restare figli, sapendo bene, come dicevano i Padri della Chiesa: “Non si può avere Dio per Padre, se non si ha la Chiesa per Madre”. Contempliamo con gratitudine il volto di questa madre, guardiamo con amore riconoscente i volti dei fratelli e delle sorelle che ci sono stati donati, incrociamo lo sguardo dei poveri e dei deboli che il Signore ci chiede di amare e di servire come fratelli e sorelle, allarghiamo lo sguardo agli innumerevoli amici che ci accompagnano nel nostro pellegrinaggio verso la destinazione che ci è già mostrata. Questa madre, anche attraverso i nostri fratelli e sorelle che ci hanno preceduto e i cui nomi sono scritti nel cuore di Dio, abita già nella Gerusalemme del cielo. In questa visione iscriviamo i nostri nomi e continuiamo a camminare assieme sulla via che questa santa Madre ci indica: è la via via della santità, quella che porta verso la città della pace.

Preghiera nel giorno del Signore