Leggi le letture del giorno e il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Prima Lettura
Salmo Responsoriale
Seconda Lettura
Vangelo
Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Memoria di san Giovanni Crisostomo (†407), vescovo e dottore della Chiesa. La liturgia più comune della Chiesa bizantina porta il suo nome.
Sir 27,30–28,7; Sal 103(102); Rm 14,7-9; Mt 18,21-35
il brano evangelico si iscrive all’interno di una sezione che l’evangelista dedica ai rapporti all’interno della comunità dei discepoli; di qui il termine fratello che ricorre nella domanda di Pietro a Gesù: “Allora Pietro gli si avvicinò e disse: quante volte dovrò perdonare al mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?” Pietro pensava di essere generoso nel proporre questa misura che superava l’ordinaria prescrizione ebraica di dare il perdono per tre volte. Era certo una misura larga per chi fa fatica a perdonare anche una sola volta. Tutti sappiamo, anche per esperienza personale, quanto sia difficile perdonare chi ci offende. La mentalità del mondo comune ritiene che il perdono sia ingiusto: se lo perdono, mio fratello non continuerà a offendermi? E il perdono appare anche un chiaro segno di debolezza. E’ il forte che viene rispettato. Pietro sembrava andare oltre.
Ma per Gesù non è questione di misura più o meno ampia. Va ben oltre: abolisce la misura: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”. Ossia sempre. Il perdono, come l’amore, per Gesù non conosce misura alcuna. Si perdona e basta, sembra rispondere Gesù. Così come l’amore: ama e basta, sino alla fine, gratuitamente. E’ l’assenza del limite che rende il perdono forte e capace di sradicare il male dalla radice. Il perdono senza limiti, come l’amore, cambia il cuore degli uomini rendendolo libero dal virus del maligno. Chi perdona non si lascia irretire dalla logica del male, dai risentimenti, dalle catene inarrestabili della vendetta. Gesù chiede di perdonare per amore, non per calcolo: questo significa perdonare “di cuore”. E’ dal perdono con il cuore che prende avvio un futuro nuovo, sia per chi riceve il perdono sia per chi lo dona; un futuro liberato dalla inimicizia, dalla colpa, dal peccato. Certo, perdonare non significa far finta di nulla. Gesù non chiude gli occhi sul nostro peccato: non è né distratto né accondiscendente. Gesù il male lo riconosce e lo rifiuta. E insegna ai discepoli a riconoscerlo e a combatterlo, appunto con il perdono e l’amore. E’ l’insegnamento che appare con chiarezza dalla croce. E il perdono lì è per i nemici.
E’ una lezione centrale nel messaggio evangelico. Per questo Gesù insiste. Forse ha visto Pietro un po’ sconcertato dalla sua risposta. E Gesù la spiega - perché sia inequivocabile - con la parabola del re compassionevole e del servo spietato. In essa Gesù mostra la distanza che c’è tra la generosità incredibile del re e la grettezza di un servo. Quest’ultimo, narra la parabola, aveva contratto un debito catastrofico verso il re: diecimila talenti (la cifra è simbolica, potrebbe corrispondere a circa 100 miliardi di euro). Il re, che certamente aveva dato fiducia a quel servo, giudica severamente la sua inadempienza. Ma di fronte alla richiesta del servo di una impossibile proroga per saldare “tutto” il debito, il re “si impietosisce” (ellein, in greco), e va ben oltre: gli condona tutto il debito. Ma la scena cambia totalmente quando questo servo non sente pietà per il suo compagno che gli deve una somma irrisoria: non si lascia commuovere e chiede che sia condannato in prigione. E’ lontano dalla compassione del re.
Tutti sentiamo il disagio per questo servo. In realtà non è una eccezione strana. Quel servo siamo tutti noi. Anzitutto perché abbiamo avuto tanto. La maggior parte di quello che abbiamo, è frutto di grazia, è frutto dei talenti che il Signore ha messo nelle nostre mani, non sono i nostri meriti o le nostre capacità la nostra ricchezza. E spesso l’abbiamo anche dispersa, sperperata. Siamo perciò tutti debitori, come quel servo, abbiamo accumulato un debito enorme verso il Signore. Ci siamo creduti padroni di quello che ci è stato affidato, oppure non ne abbiamo considerato il valore, spesso lo abbiamo ristretto ai nostri piccoli orizzonti e alla logica della soddisfazione per sé. Gesù ci richiama alla coscienza del debito che abbiamo. E capirlo in maniera personale. E’ facile, infatti, dimenticare il perdono. E diventare quindi senza pietà. Il servo descritto da Gesù è ritornato rapidamente prigioniero di una mentalità dura, avara, spietata con gli altri. In effetti, tanto siamo rapidi a difendere noi stessi, quanto esigenti, pignoli, inflessibili verso gli altri. Il perdono passa attraverso la riconoscenza al Signore che ci ha fatto misericordia e ci ha arricchito con ricchezze per noi impensate.
Il Signore non cessa di esortarci ad avere un cuore umile, generoso, pronto al perdono, sempre. Non bastano le misure, né di tre volte, né di sette, né di dieci. Questo è il modo umano di vivere, quello che misura e calcola. Il Signore vuole un cuore generoso come il suo, che non conosce calcolo se non quello di dare la sua vita per noi. Nella preghiera del Padre nostro mette sulle nostre labbra una sfida. Ci fa proporre al Padre di usare con noi la misura che usiamo con gli altri: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. E’ una misura che dipende anche da noi. E’ l’amore che non conosce misura. E’ il senso della conversione del cuore che vive nell’amore e nel perdono. E’ la via che salva dal male e che dona la pace. Nel salmo 103 – consapevoli che è nel cuore che radica il perdono - abbiamo chiesto al cuore, all’anima nostra, di benedire il Signore: “Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua vita. Ricorda che siamo polvere. Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe. Come dista l’oriente dall’occidente, così allontana da noi le nostre colpe” (Sal 103). Lasciamoci amare dal Signore, e impareremo ad essere miti ed umili di cuore. Così troviamo la nostra beatitudine e liberiamo il mondo dal male.
Preghiera nel giorno del Signore

