Leggi le letture del giorno e il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Prima Lettura: Sap 12,13.16-19 |
Salmo Responsoriale
Seconda Lettura: Rm 8,26-27 |
Vangelo: Mt 13,24-43 |
Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Sap 12,13.16-19; Sal 86(85); Rm 8,26-27; Mt 13,24-43
Gesù continua a spiegare alla folla il segreto della vita e della speranza, per questo parla in parabole proprio perché tutti capiscano e possano, nelle diverse stagioni o nelle varie situazioni della loro vita, ritrovarsi in maniera sempre nuova nel racconto. Gesù si commuove per la stanchezza della folla, la paura che agita i cuori di uomini sballottati in un mondo duro, che umilia la vita e la speranza di stare bene, che disperde e isola. Parla per-ché sa quanto siamo deboli, tanto che, come dice l’apostolo, non sappiamo nemmeno che cosa sia conveniente chiedere. Il Signore guarda con compassione e sa ascoltare i gemiti inesprimibili suscitati dallo Spirito, gemiti di fronte al dolore, di fronte all’insicurezza per il futuro, alla paura per la capacità distruttiva delle forze del male, disumane e imprevedibili.
Gesù paragona il suo regno a un seme gettato in un campo, al lievito o al granellino di senapa: tutti si devono perdere per manifestarsi. È il segreto del cielo ma anche quello di una vita bella oggi: senza sacrificio per gli altri, senza smettere di vivere per sé stessi, non c’è gioia e futuro! Il regno di Dio si nasconde nella terra per manifestare il cielo; si unisce all’umano per dare speranza e senso a tutta la vita degli uomini, anche alla morte; si mischia misteriosamente perché tutti possano accoglierlo e farlo crescere. Il regno inizia, non si manifesta subito tutto intero. In quel seme, il più piccolo tra tutti i semi, quel seme che è il Vangelo da fare scendere nel nostro cuore, c’è già tutto il futuro. Il seme è affidato a noi, ha bisogno della terra, deve crescere e vuole crescere con noi. La parabola della zizzania, così lontana dalla nostra logica e dai nostri comportamenti, fonda una cultura della pace. Oggi che assistiamo al proliferare di tragici conflitti, è necessario riproporre questa parola evangelica per privilegiare, o quantomeno non escludere, il momento del dialogo e delle trattative. La parabola non dice che non ci sono nemici. Tutt’altro. Indica però un modo diverso di trattarli: piuttosto che la mietitura violenta, che rischia di strappare anche la pianta buona, sono da preferire la selezione paziente e l’attesa. È una grande saggezza che contiene una forza incredibile.
Il padrone ha pazienza e fiducia nel giudizio finale, che sarà proprio sull’amore. Per questo ci libera dai nostri giudizi definitivi. Gesù ama la nostra terra sempre, anche se piena di zizzania, non perfetta. Non si lascia condizionare dalla delusione o paralizzare dalle difficoltà. Anche un solo frutto buono dona senso ed eternità a tutto il campo. Per questo Gesù insegna ad amare anche quando conosciamo il male in noi e nell’altro, quando ve-diamo la pagliuzza o la trave, quando rimaniamo delusi perché non siamo o non è come avremmo voluto. Dio, infatti, ha reso i suoi figli «pieni di dolce speranza», perché concede dopo i peccati la possibilità di pentirsi. Il Signore non smette mai di darci fiducia. Perché l’inferno è la vita che finisce con sé, è la paura dell’amore, il rifiuto dell’amicizia. Il cielo, il regno di Dio, è quel seme più piccolo che cresce e diventa, come sempre l’amore vero, riparo per tanti.
Preghiera nel giorno del Signore

