Leggi le letture del giorno e il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Prima Lettura: Is 55,10-11 |
Salmo Responsoriale
Seconda Lettura: Rm 8,18-23 |
Vangelo: Mt 13,1-23 |
Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia
Is 55,10-11; Sal 65(64); Rm 8,18-23; Mt 13,1-23
il Vangelo ci presenta Gesù che, uscito di casa, va sulle rive del mare di Galilea, dove aveva chiamato i primi discepoli e con loro aveva vissuto le prime esperienze comunitarie. Ora c’è una grande folla che si è radunata per ascoltarlo. Gesù sale su una barca e di lì, come da una cattedra, parla alla folla di molte cose, scrive l’evangelista, ma in parabole, ossia in un linguaggio accessibile a tutti e che richiede una disponibilità nell’ascolto. Come appare già dalla prima parabola, quella del seminatore. Molte volte l’abbiamo ascoltata e, come ogni parabola, è ricca di significati.
Oggi ha il sapore di un invito pressante per una semina generosa del Vangelo che, in certo modo lega strettamente semina e mietitura. Se in una parte Gesù esorta i discepoli ad alzare gli occhi per vedere la messe che già biondeggia, qui invita a seminare a larghe bracciate, ad essere generosi nel comunicare il Vangelo, a riporre fiducia anche nei terreni che sembrano più una strada o un ammasso di pietre, piuttosto una terra disponibile. Eppure anche là – potremmo dire anche nelle periferie, in quegli spazi dove la terra si confonde con le pietre, o nelle storie segnate da guerra, da violenza, da abbandono, da odii – anche qui il seminatore deve gettare la semente, a larghe bracciate, senza sosta, sperando che attecchisca e porti frutto.
Il terreno è il cuore degli uomini, anche i nostri cuori. E le diversità – il testo ne enumera quattro – non sono fissate per sempre. Ciascun uomo, ciascuno di noi, sa che se siamo induriti nelle abitudini egocentriche il nostro cuore è come una strada lastricata; altre volte siamo pieni di rovi e di spine: pur accogliendo la predicazione, infatti, ci lasciamo sorprendere dalle occupazioni del momento; altre volte siamo incostanti e lasciamo scorrere la Parola che pure ci viene predicata; altre volte – e Gesù lo sottolinea – siamo come la terra buona che va curata perché il seme porti frutti il trenta, il sessanta o il cento per cento. Una cosa la parabola suppone per tutti: lasciare che il seminatore entri nel terreno del nostro cuore, ne rivolti le zolle, vi tolga i sassi, ne sradichi le spine perché quanto seminato possa germogliare. E’ la grazia che viviamo in questa Basilica: la semina quotidiana – senza sosta, anche in questo tempo - della Parola di Dio. Ci trovi con il cuore disponibile perché germogli e porti frutto. E un primo frutto è diventare a nostra volta seminatori della Parola che abbiamo ricevuto. L’efficacia della Parola di Dio è tra le convinzioni più chiare della Bibbia. Già il profeta Isaia diceva che la pioggia e la neve non scendono dal cielo senza fecondare la terra e farla germogliare. E l’apostolo parla della Parola di Dio come una spada a doppio taglio.
Care sorelle e cari fratelli, questa consapevolezza ci spinge ad una nuova generosità della semina perché raggiunga anche i terreni più sassosi, più impervi e difficili. Se il seminatore corre il rischio di perdere “tre” parti dei semi anche su questi terreni, non è per sperpero, ma perché nessuno resti privo della predicazione, ricordando l’affermazione di Gesù che Matteo stesso riporta: “anche da queste pietre Dio può generare figli di Abramo”(Mt 3,9). Ci è stato ripetuto molte volte che la fede viene dall’ascolto della Parola di Dio e quindi dalla predicazione. Forse non a caso l’evangelista fa seguire a questa parabola quella della zizzania: “mentre tutti dormivano” il nemico la seminò nel campo di Dio; a noi, care sorelle e cari fratelli, “amici di Dio”, viene nuovamente confidata da questa parabola l’urgenza di comunicare il Vangelo con generosità ovunque perché fecondi i nostri cuori e quelli degli uomini e si affretti il Regno di Dio sulla terra.
Preghiera nel giorno del Signore

