XI del tempo ordinario
XI del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Prima Lettura: Es 19,2-6a | Levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte. Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: "Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: "Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa". Queste parole dirai agli Israeliti".  


Salmo Responsoriale

R. Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
R. Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
R. Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.

Buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.
R. Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.


Seconda Lettura: Rm 5,6-11 | Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.


Vangelo: Mt 9,36-10,8 | Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!".
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: "Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date."


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Es 19,2-6a; Sal 100(99); Rm 5,6-11; Mt 9,36–10,8

“Gesù, vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore”. Così inizia il Vangelo di questa domenica dopo Pentecoste. Accorrevano da lui da ogni parte e Gesù “vedeva” tutti, vedeva soprattutto i malati, i poveri, le vedove, gli orfani, i giovani sofferenti e senza futuro. Erano davvero come pecore senza pastore: né i rappresentanti di Roma né i capi religiosi di Gerusalemme si preoccupavano di quella folla di poveri. Gesù, al contrario di tutti loro, al vederli, si muoveva a compassione. Il termine greco “splankizomai”, non indica un sentimento passeggero: ma un movimento viscerale che scuote dal di dentro e fa appassionare. E’ questo sentimento che sostanzia l carisma di Sant’Egidio, sia dalle sue origini. Quante volte è risuonato questo brano evangelico nella lunga storia della Comunità! E possiamo con certezza dire che è risuonato potente in ogni generazione cristiana fino agli ultimi tempi. L’evangelista fa discendere direttamente da questa compassione la decisione di Gesù di scegliere dodici discepoli per coinvolgerli nella sua missione. Alcuni studiosi vedono qui il passaggio da una predicazione solitaria di Gesù alla scelta di una comunità tutta missionaria, con lui. Quel primo gruppo di dodici era eterogeneo sia per origine che per condizione o per appartenenza. Da quel giorno conta la loro adesione alla scelta di Gesù. Questa è la loro nuova identità. Non sono più riconosciuti e additati come il pubblicano, lo zelota, il pescatore, bensì come quelli che stanno con Gesù, il Nazareno. Gesù ha cambiato la loro storia. Così come a Simone il nome, Pietro. Il loro nuovo “nome” è “discepoli di Gesù”: svolgono la sua stessa missione, parlano la stessa lingua, compiono le sue stesse opere. Ad Antiochia, pochi decenni dopo, saranno chiamati semplicemente “cristiani”, appunto, di Gesù.

Sì, chi diviene discepolo di Gesù non è più come prima; da quel momento – come scrive l’evangelista – è un’altra persona: riceve infatti un “potere” che prima non aveva: il potere di cacciare gli spiriti immondi, di guarire ogni malattia e infermità. Ed è un potere che ricevono i discepoli di ogni tempo. Ogni cristiano che ascolta il Vangelo e cerca di seguirlo, riceve, sin dal battesimo, la forza dello Spirito Santo. E’ dato a tutti. E tutti hanno il dovere di esercitarlo. Un dovere primario, ricevuto direttamente dall’alto. Certo, è un potere che possiamo chiamare “debole” per non confonderlo con quello della politica, dell’economia o delle armi…E’ il potere dello Spirito, il potere della Parola di Dio che è come una spada “efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio”, come scrive la Lettera agli Ebrei (4,12). Questo e solo questo è il solo potere che i discepoli ricevono da Dio nella sua Chiesa.

Per questo Gesù, nel mandarli, dice loro: “Non vi procurate oro o argento o denaro per le vostre tasche, non una borsa per il viaggio, né due tuniche, né calzature e neppure un bastone”. L’unico loro tesoro è il Vangelo del Regno, la buona notizia che iniziava una storia nuova, di fraternità, di giustizia. Non è un Regno astratto, lontano, fatto di parole. E’ una storia vicina, liberante, coinvolgente, per tutti. Gesù dice: “strada facendo”, appunto, sulla strada, con la gente, dentro la loro storia. E’ dentro la storia della gente che irrompe il Vangelo. E’ un’opera di liberazione dal male: “guarite gli infermi, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, scacciate i demoni”. Sì, il Vangelo è una forza che cambia la storia, anche quella di oggi, quella dei nostri giorni, mentre muove folle stanche e sfinite le quali più che senza pastore hanno spesso mercenari che le guidano e lupi che le vessano. E, a quei discepoli sempre più stupiti di tanta fiducia, Gesù aggiunge: “avete ricevuto gratuitamente, date gratuitamente”. Quel “potere” viene da Dio che lo dona ai discepoli di ogni tempo, anche a noi. Guai a nasconderlo per pigrizia o per paura e tanto meno per vantarsene! Dobbiamo donare “gratuitamente” agli altri quel che gratuitamente abbiamo ricevuto. Mons. Romero – pochi mesi prima di essere ucciso sull’altare - diceva che il Vangelo chiede a tutti i cristiani di oggi di essere martiri, ossia di dare la propria vita per gli altri. E’ il potere dell’amore di Dio che ci spinge a commuoverci su tutti, particolarmente per i più poveri. E’ questo l’amore che cambia anche la storia di oggi. Perché è con questo amore che inizia il regno di Dio sulla terra. Ringraziamo il Signore perché continua a chiamarci e ad affidarci il potere di amore tutti e di cambiare il mondo.

Preghiera nel giorno del Signore