Il senso delle sofferenze dell’apostolo
Il senso delle sofferenze dell’apostolo
M Mons. Vincenzo Paglia
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Lettura: 2Tm 2,8-15 | Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso. Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità.


Salmo Responsoriale

R. Fammi conoscere, Signore, le tue vie.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.
R. Fammi conoscere, Signore, le tue vie.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.
R. Fammi conoscere, Signore, le tue vie.

Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà
per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.
Il Signore si confida con chi lo teme:
gli fa conoscere la sua alleanza.
R. Fammi conoscere, Signore, le tue vie.


Vangelo: Mc 12,28b-34 | Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?". Gesù rispose: "Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c'è altro comandamento più grande di questi". Lo scriba gli disse: "Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici". Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: "Non sei lontano dal regno di Dio". E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.  


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

2 Timoteo 2,8-15. Il senso delle sofferenze dell’apostolo

Paolo esorta Timoteo ad essere forte, a non perdersi d’animo, a non abbandonarsi alla pusillanimità alla quale egli era inclinato (cf. 1,6-8.13ss.). La sorgente della sua forza è la “grazia che è in Cristo Gesù”. È dall’incontro con Gesù che deve continuamente trarre ispirazione e forza per il suo ministero. L’apostolo gli raccomanda di trasmettere il Vangelo che ha udito da lui alla presenza di molti testimoni e di affidarlo, a sua volta, a persone “fidate” perché lo trasmettano ad altri. È il senso della tradizione della Chiesa, che dona lo stesso Vangelo da una generazione all’altra. Una catena ininterrotta lega la fede di oggi alla predicazione degli apostoli e quindi a Gesù stesso. Non si tratta della trasmissione di verità astratte, ma della stessa vita con Gesù che diviene testimonianza di amore nella storia. Per questo Paolo ricorda a Timoteo, come aveva già fatto nella lettera precedente, ad essere “buon soldato di Gesù Cristo”, come egli stesso, suo maestro e modello, è stato. Deve anche sapere che la predicazione del Vangelo comporta disonori e disagi. La disposizione ad accettare ogni sofferenza è parte integrante della testimonianza del discepolo. Per questo deve comportarsi come un soldato che si dedica totalmente al servizio del Vangelo senza fare altre cose che possono distrarlo; o essere come un atleta che rispetta le regole della gara, senza immettersi in percorsi individuali al di fuori della tradizione della comunità; oppure essere come un contadino che non teme fatiche e sacrifici e dedica la sua vita per poter alla fine cogliere i frutti del suo lavoro. Il discepolo deve soprattutto accogliere nel cuore il mistero di Gesù Cristo risuscitato dai morti. La risurrezione di Gesù è il mistero centrale della fede cristiana e quindi deve essere centrale anche nella vita del discepolo. È questo il Vangelo che Paolo ha predicato ed è per questo che ora soffre incatenato nel carcere “come un malfattore”. Ma, aggiunge Paolo, “la Parola di Dio non è incatenata”. Essa è più forte delle catene e della stessa morte. Nessuna potenza umana può trattenerla (4,17). Anzi, la prova rafforza la predicazione e la testimonianza. Già nella prima prigionia Paolo scriveva: “In tal modo la maggior parte dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, ancor più ardiscono annunciare senza timore la Parola” (Fil 1,14). Paolo sa che il “suo patire” è parte della vocazione apostolica. Lo è dei discepoli di ogni tempo: è la via di Gesù che i discepoli sono chiamati a seguire. Il martirio, ossia dare la propria vita per Gesù, è parte integrante del Vangelo. Per questo Paolo può cantare: “Se moriamo con lui, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui risorgeremo”. Chi dà la sua vita per Cristo diviene coerede con lui della gloria. È tragico, invece, il destino di chi si separa da Cristo. Gesù stesso lo disse: “Chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10,33). In ogni caso, aggiunge l’apostolo, è bene sapere che Gesù “rimane fedele”: non tradisce mai. È un avvertimento paterno che l’apostolo vuole donare ai credenti perché sappiano che Gesù, comunque, ci attende, come il padre della parabola attese il ritorno del figlio prodigo.

Preghiera per la Chiesa