Domenica di Pentecoste
Domenica di Pentecoste
M Mons. Vincenzo Paglia
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Prima Lettura: Gen 11,1-9 | Tutta la terra aveva un'unica lingua e uniche parole. Emigrando dall'oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. Si dissero l'un l'altro: "Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco". Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: "Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra". Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: "Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un'unica lingua; questo è l'inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro". Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.


 Salmo Responsoriale

R. Su tutti i popoli regna il Signore.

Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
Ma il disegno del Signore
sussiste per sempre,
i progetti del suo cuore
per tutte le generazioni.
R. Su tutti i popoli regna il Signore.

Beata la nazione
che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto
come sua eredità.
Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini.
R. Su tutti i popoli regna il Signore.

Dal trono dove siede
scruta tutti gli abitanti della terra,
lui, che di ognuno ha plasmato il cuore
e ne comprende tutte le opere.


Seconda Lettura: Rm 8,22-27 | Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio. 


Vangelo: Gv 7,37-39 | Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: "Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva". Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato.


Il commento di Monsignor Vincenzo Paglia

Ricordo di Nostra Signora di Sheshan, santuario nei pressi di Shanghai. Preghiera per i cristiani cinesi.

At 2,1-11; Sal 104(103); 1Cor 12,3b-7.12-13; Gv 20,19-23

La Santa Liturgia ci immerge nel mistero della Pentecoste. E’ l’inizio della Chiesa in missione. Per prima volta la Chiesa esce dal cenacolo. Gesù lo aveva detto agli apostoli mentre saliva al cielo: “riceverete una potenza dello Spirito santo che verrà su di voi, e sarete miei testimoni da Gerusalemme e anche in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”(At 1,8). E’ il mistero che oggi celebriamo. E che siamo chiamati a rivivere. Anche noi ci ritroviamo assieme, nello stesso luogo, in preghiera. Come quei discepoli nel cenacolo. E abbiamo invocato lo Spirito su di noi. Luca racconta l’evento secondo con lo stile del linguaggio biblico: un vento impetuoso si abbatté sulla casa – quella dove avevano celebrato la Pasqua - e lingue come di fuoco si posarono sul capo di ciascuno dei presenti. Da quel momento quei discepoli divennero apostoli, testimoni del Signore risorto sino ai confini della terra. Lo Spirito sconfisse la loro paura e li spinse ad uscire, e si trovarono una piazza piena di una folla di gente “di ogni nazione che è sotto il cielo”. E tutti i discepoli – non solo alcuni, nota Luca - “tutti colmati di Spirito Santo cominciarono a parlare in altre lingue”(At 2,4). Era il “noi” della Chiesa, non l’io dei singoli, a parlare ai popoli del mondo intero. E il miracolo fu che i molti popoli che ascoltavano furono trasformati essi stessi in un unico popolo. Il vento impetuoso che si era abbattuto sul cenacolo e che aveva trasformato i discepoli, ora, per messo loro, si abbatteva sulla la piazza e, facendo cadere ogni muro, a partire da quello della lingua, trasformò in un “noi” anche i popoli. In questa icona di Pentecoste appare chiara l’identità e la missione della Chiesa che - come dirà il Concilio Vaticano II - è “segno e strumento dell’unità del genere umano”.

Luca, con grande efficacia narrativa, fa presentare i popoli per nome, come in un appello, uno per uno: “siamo Parti, Medi, Elamiti…, Cretesi e Arabi… stranieri di Roma (secondo l’antica traduzione) …e li udiamo parlare le nostre lingue”. E’ la prima globalizzazione operata dallo Spirito. I popoli che ascoltarono la predicazione della prima comunità cristiana – ciascun popolo udì l’unico Vangelo nella propria lingua, tutti compresero quella predicazione – divennero un unico popolo: lo Spirito rese efficaci le parole dei discepoli, tanto che Luca, con qualche compiacimento scrive: “quel giorno furono aggiunte (alla comunità) circa tremila persone”(At 2,41). Iniziava la missione della Chiesa.

Anche oggi il mondo ha bisogno di una nuova irruzione dello Spirito – di una più efficace comunicazione del Vangelo - per liberare il mondo dalla forza distruttrice del male. Le guerre continuano a lacerare le società seminando morte, violenza, odio. Invochiamo lo Spirito perché trasformi i cuori dei popoli come avvenne su quella piazza di Gerusalemme. Con la nostra preghiera accompagniamo anche l’opera di pace che il Papa ha affidato nelle mani del cardinale Matteo. La narrazione degli Atti fa emergere un filo rosso che lega questa basilica, ed anche noi, a quella piazza della prima Pentecoste ove erano anche “stranieri di Roma”, probabilmente gli ebrei di Trastevere recatisi a Gerusalemme per la Pasqua. Tornado riportarono il Vangelo che avevano ascoltato. E’ un bel richiamo storico, ma significa soprattutto per noi la responsabilità di accogliere la forza trasformatrice di quella prima Pentecoste. Il richiamo di Pietro alla profezia di Gioele conteneva anche i nostri giorni: “negli ultimi giorni, dice il Signore, – sono anche i nostri -, spanderò il mio spirito su ogni carne, i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani vedranno delle visioni, i vostri anziani sogneranno sogni”. E’ la missione che il Signore affida a noi e tutte le comunità cristiane perché venga presto la pace.

Preghiera nel giorno del Signore