Assedio di Gerusalemme e segni cosmici
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Lc 21,20-28) - In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia.
»In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Il brano evangelico parla del destino di Gerusalemme. Gli evangelisti Matteo e Marco annunciano soltanto la fine del tempio, mentre Luca vi aggiunge anche la distruzione della città santa. La Chiesa, facendoci ascoltare questo brano mentre sta per terminare l’anno liturgico, vuole aiutarci a meditare sulla fine dei tempi. La Parola di Dio ci rivela il fine della nostra vita: la Gerusalemme del cielo. Noi camminiamo nella Gerusalemme terrena avendo gli occhi fissi verso la città del cielo ove il Signore ci attende per abbracciarci assieme a tutti i santi. L’immagine della Gerusalemme del cielo sta a sottolineare che la salvezza cristiana non è sul piano individuale, ma comunitario. Sì, il Signore non ci salva uno a uno, singolarmente presi, ma come comunità, come un popolo, come, appunto, una città. La salvezza, per i cristiani, passa attraverso il loro impegno per la società nella quale vivono, per la città ove abitano. L’immagine evangelica di Gerusalemme assediata e calpestata ci porta a pensare anche alla situazione dell’attuale Gerusalemme, la città delle tre religioni: ebraismo, cristianesimo e islam. Non possiamo dimenticarla; anche per noi sono vere le parole del salmo: «Mi si attacchi la lingua al palato se lascio cadere il tuo ricordo… Gerusalemme» (Sal 137,5-6). Le sue difficoltà sono anche le nostre, e non deve cessare la preghiera perché torni a essere la «città della pace», come dice il suo stesso nome. In essa intravediamo la Gerusalemme celeste, ove tutti i popoli si ritrovano attorno all’unico Dio. E l’attuale disordine del mondo, che l’evangelista descrive con linguaggio apocalittico, ma che descrive bene anche l’angoscia di popoli in ansia, spinge noi credenti a risollevarci e alzare il capo perché il Figlio dell’uomo è vicino, anzi è venuto ad abitare in mezzo agli uomini perché il mondo non sia più sotto il giogo del male e della violenza. Egli è venuto per indicare a tutti il cammino della pace. A noi credenti in maniera del tutto particolare è affidata dal Signore la responsabilità di mostrare al mondo la bellezza e la forza del Vangelo dell’amore e della pace.