Parabola delle monete d’oro
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Lc 19,11-28) - In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: «Fatele fruttare fino al mio ritorno». Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: «Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi». »Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: «Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci». Gli disse: «Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città». Poi si presentò il secondo e disse: «Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque». Anche a questo disse: «Tu pure sarai a capo di cinque città». Venne poi anche un altro e disse: «Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato». Gli rispose: «Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi». »Disse poi ai presenti: «Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci». Gli risposero: «Signore, ne ha già dieci!». «Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me»». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Gesù, circondato da molta folla, è alla fine del viaggio e sta per entrare a Gerusalemme. Qualcuno crede sia giunto il momento della manifestazione del regno di Dio nella città santa. La maggioranza della gente aspetta un evento di natura politica. Ma Gesù vuole allontanare ogni illusione in tal senso e racconta una parabola su come si deve attendere il regno dei cieli. Parla quindi di un uomo nobile che parte per un paese lontano per ricevere la dignità regale. Prima di partire, tuttavia, affida a dieci servi una moneta d’oro ciascuno perché durante la sua assenza la facciano fruttare. Possiamo paragonare il padrone della parabola a Gesù stesso. Egli affida ai suoi discepoli la preziosissima «moneta d’oro» che è il suo Vangelo. È un dono inestimabile che non deve essere trattenuto per sé e neppure deve essere custodito nel proprio piccolo o grande “fazzoletto”. Il Vangelo è consegnato ai discepoli perché lo comunichino agli uomini ovunque essi siano e, in tal modo, si affretti e si allarghi il regno di amore e di pace che Gesù è venuto a inaugurare sulla terra tra gli uomini. Il gesto del padrone di dare il talento restato infruttuoso al primo servo sta a indicare il grande desiderio che il Vangelo sia comunicato a tutti e con maggiore sollecitudine possibile. Per questo Gesù dice al termine della parabola: «A chi ha, sarà dato; invece, a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha». Non è possibile seguire Gesù senza comunicare il Vangelo, senza comunicare l’amore ovunque nel mondo. Così è dell’amore: se non amiamo lo perdiamo.