Abbiamo fatto quanto dovevamo fare
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Lc 17,7-10) - In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? Non gli dirà piuttosto: «Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu»? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Il Signore parla ai suoi discepoli. È un dialogo intimo che Gesù vuole praticare con ognuno dei discepoli, anche con noi. Egli conosce i suoi uno a uno, li ha chiamati a seguirlo e vive con loro. Sa bene che facilmente lasciano spazio all’orgoglio nel loro cuore e che hanno un gran senso di sé, oppure che possono sentirsi bravi e protagonisti delle loro imprese. Li esorta perciò a confrontarsi con quello che i servi sono chiamati a fare. Essi, a differenza del padrone, non sono i primi della casa, ma appunto i servitori. Nessuno di noi è padrone della propria vita; solo il Signore lo è. La vita viene donata a ciascuno di noi perché possiamo goderne non solo per noi stessi ma spenderla per il bene di tutti. Molto abbiamo ricevuto in dono, senza merito: salute, benessere, pace, intelligenza, amore, fede. Di tutti questi beni noi non siamo proprietari, ma custodi e amministratori. Anche Gesù si è presentato come uno che serve, e non come colui che deve essere servito. E nell’ultima cena lo ha mostrato in maniera inequivocabile, assumendo le sembianze dello schiavo che lava i piedi al suo padrone. Il discepolo, su questo esempio di Gesù, è chiamato a servire, e come ha spesso ricordato papa Francesco, «chi non vive per servire, non serve per vivere».Vivere con questo spirito di servizio libera dalla prigione del-l’egoismo, dell’ansia di accumulare beni e soddisfazioni per sé. I discepoli sanno bene che tutto hanno ricevuto e tutto a lui debbono rendere. È questo il senso dell’essere servi inutili. Il Signore ci ha scelti e ci ha affidato un compito che siamo chiamati ad assolvere, non al fine di realizzare noi stessi bensì per servire il suo sogno di amore sul mondo, sapendo che tutto riceviamo da lui e senza di lui siamo davvero “inutili”, ossia senza forza.