XXXI del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Mc 12,28-34) - In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Nel tempio di Gerusalemme, Gesù incontra uno scriba. Egli pone a Gesù una domanda vera, decisiva: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Da esso, in effetti, dipende tutta la vita. Gesù non fa attendere la sua risposta. Cita un passo del Deuteronomio da tutti conosciuto essendo la professione di fede che i pii israeliti recitano ogni giorno, mattina e sera: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,4-5). E poi aggiunge: «Il secondo è questo: amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Il consenso tra Gesù e il suo interlocutore è nel duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo; due comandamenti a tal punto uniti da essere la stessa cosa. Gesù è colui che sa amare più di tutti e meglio di tutti. Gesù ama il Padre sopra ogni cosa. In tutto il Vangelo emerge il particolarissimo rapporto tra Gesù e il Padre. È la ragione della sua stessa vita. Gli Apostoli sono ammaestrati dalla singolare confidenza che egli riponeva nel Padre, sino a chiamarlo con il tenero appellativo di «papà» («Abbà»). E quante volte lo hanno sentito affermare che l’unico scopo della sua vita era fare la volontà di Dio: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 4,34)! Gesù è davvero l’esempio più alto di come si ama Dio sopra ogni cosa. Gesù ha amato con la stessa intensità anche gli uomini. Per questo «si è fatto carne». Nella Scrittura leggiamo che Gesù ha tanto amato gli uomini da lasciare il cielo (ossia la pienezza della vita, della felicità, dell’abbondanza, della pace) per stare in mezzo a noi. E nella sua esistenza c’è stato come un crescendo di amore e di passione per gli uomini, sino al sacrificio della sua stessa vita. Gesù, che ha vissuto per primo e sino in fondo queste parole, suggerisce che la felicità sta nell’amare gli altri più di sé stessi. E questo tipo di amore non si apprende da soli o sui banchi della scuola degli uomini; al contrario, in questi luoghi si apprende, e fin da piccoli, ad amare soprattutto sé stessi e i propri affari, contro gli altri. L’amore di cui parla Gesù si riceve dall’alto, è un dono di Dio. La santa liturgia della domenica è il momento privilegiato per ricevere il grande dono dell’amore. Per questo, nel giorno del Signore, con gioiosa riconoscenza, avviciniamoci al-l’altare. Anche noi, come quello scriba saggio, ci sentiremo ripetere: «Non sei lontano dal regno di Dio».