XII del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Mc 4,35-41) - In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

«Non t’importa che siamo perduti?». È certamente un grido di disperazione, ma esprime anche la fiducia che hanno in quel maestro. È facile scorgere in quel grido le innumerevoli grida che salgono da questo nostro mondo sballottato da onde di ogni genere che mettono in pericolo uomini e donne soprattutto dei paesi più poveri, come quelli straziati dalle guerre e dai conflitti. Anche noi possiamo pensare che Gesù stia dormendo visto che le vicende del mondo continuano sino al rischio di tragedie ancor più grandi. Il Vangelo vuole dirci che Gesù non ci abbandona e sta comunque accanto a noi, anche quando siamo nella tempesta. Certo, possiamo pensare che dorma. Vorremmo certo una vita senza tempeste, senza problemi, senza paura alcuna. Ma la vita è anche lotta contro il male, contro le tempeste che vogliono impedire che si raggiunga la sponda della pace. Quel sonno indica la piena fiducia di Gesù nel Padre: sa che il Padre non abbandona mai nessuno. Attende, piuttosto, la nostra preghiera, il nostro grido di aiuto. La preghiera parte da un grido di aiuto, anche personale, ma non solo. C’è un ministero dell’intercessione che dobbiamo riscoprire: i cristiani sono chiamati a pregare per tutti. Al grido dei discepoli Gesù si sveglia, si alza ritto sulla barca, minaccia il vento e il mare in tempesta. E subito il vento tace e si fa bonaccia. Dio vince le potenze ostili che non permettono la traversata, ossia che impediscono di raggiungere la sponda della fraternità, della giustizia, della pace. L’episodio si chiude con una notazione singolare. I discepoli sono presi da una grande paura, e si dicono l’un l’altro: «Chi è dunque costui?». Il testo di Marco parla di paura più che di stupore. È il santo timore di stare alla presenza di Dio. Sì, il timore di chi si sente piccolo e povero di fronte al salvatore della vita; il timore di chi, debole e peccatore, viene comunque accolto da colui che lo supera nell’amore; il timore di non saper profittare della vicinanza di Dio nella nostra vita di ogni giorno; il timore di non disperdere il “sogno” di un nuovo mondo che Gesù ha iniziato anche in noi e con noi. È proprio questo timore il segno che ci fa comprendere di stare già sull’altra riva.