XI del tempo ordinario
M Mons. Vincenzo Paglia
00:00
00:00

Vangelo (Mc 4,26-34) - In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Gesù non parla del lavoro del contadino, ma del «lavoro» del seme che si sviluppa per sua energia interna, da quando è seminato sino alla maturazione, senza che il contadino intervenga. Con questa immagine Gesù sembra voler confortare gli ascoltatori. Forse – così pensano gli studiosi del testo – dobbiamo pensare alla comunità cristiana a cui si rivolgeva Marco, la comunità di Roma, che stava vivendo momenti difficili, anche di persecuzione. E quei primi credenti di Roma si chiedevano dove fosse finita la forza del Vangelo, perché il male sembrava vincere. Il Signore non abbandona i discepoli al potere del male. Con la parabola del granello di senape Gesù vuole mostrare lo stile del regno, il modo con cui si realizza. E insiste sulla piccolezza del seme. Non si fanno cose grandi perché si è potenti. Nel regno di Dio accade il contrario: «Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti», dice Gesù. Insomma, chi si fa piccolo e umile diviene un arbusto alto anche tre metri che riesce ad accogliere anche gli uccelli del cielo. Già il profeta Ezechiele, mentre si trovava esule in Babilonia, aveva preannunciato che un fragile ramo, come è la punta del cedro, sarebbe divenuto un albero robusto e ristoratore: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico» (Ez 17,22-23). Il regno di Dio cresce come questo piccolo seme di senape, come la piccola cima del cedro: non si impongono per la loro potenza esteriore, è il Signore che li fa crescere. E l’amore è la linfa che li sostiene. Là dove i poveri sono saziati, gli afflitti consolati, gli stranieri accolti, i malati guariti, i soli confortati, i carcerati visitati, i nemici amati, lì il regno del Signore è all’opera.