Vendi quello che hai e seguimi
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Mc 10,17-27) - In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

Questa pagina evangelica è tra quelle che maggiormente hanno segnato la vita di tanti uomini e di tante donne che si sono messi a seguire Gesù. È una parola che risuona forte anche alla nostra generazione. Sono tante le persone che “corrono” verso qualcuno che possa dare la felicità o che sappia indicarne la via. E spesso è una corsa che termina nel deserto o, peggio, in fondo a dei burroni. L’uomo di cui parla il Vangelo, termina quella corsa inginocchiandosi davanti a Gesù. Lo interpella chiamandolo «buono»; ma Gesù lo corregge: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo». Con questa risposta, che può apparirci esagerata, Gesù ridicolizza la pretesa che tutti abbiamo di sentirci a posto in coscienza, di sentirci buoni. In verità è una scusa per non cambiare il cuore e la vita. Anche il fariseo si sentì buono e a posto quando andò a pregare nel tempio, ma se ne andò a casa come era arrivato, non perdonato da Dio. Quell’uomo, in effetti, aveva osservato i comandamenti. E poteva sentirsi a posto. Ma il problema del credente non è sentirsi a posto, bensì seguire il Signore con umiltà e decisione. Gesù ogni giorno continua a «fissare con amore lo sguardo» su di noi perché non tratteniamo le tante ricchezze che abbiamo accumulato, che peraltro ci appesantiscono la vita e rallentano la sequela del Vangelo. Quell’uomo, scegliendo per le sue ricchezze, se ne andò triste. La tristezza è infatti spesso conseguenza dell’egoismo. La vera vocazione del discepolo è seguire Gesù, andare dietro a lui e vivere come vive lui. E per seguirlo la nostra vita non può essere legata ad altre ricchezze.