VI di Pasqua
M Mons. Vincenzo Paglia
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Vangelo (Gv 15,9-17) - In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. »Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia

«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici». Forse ai discepoli venne in mente Abramo, chiamato amico di Dio, o anche Mosè che Dio considerava suo amico, o forse non compresero queste parole di Gesù. Ma, al di là della loro comprensione, Gesù mostrò di quale amore li amava. Ed è l’amore con cui il Signore continua ad amare anche noi. Come quei discepoli, anche noi possiamo far fatica a capirlo e a viverlo. Ma il Signore ci ripete che lui ci ama per primo e che ama tutti, anche se siamo immeritevoli. Come ci ricorda lo stesso Giovanni, nella sua Prima lettera: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 4,10). Questo è l’amore nel quale siamo chiamati a dimorare, a vivere. L’amore di Dio non è un amore chiuso, freddo e indifferente di fronte all’avanzare del male. L’amore di Dio ha spinto – costretto, si potrebbe dire – il Padre a inviare il suo stesso Figlio per salvare tutti dalla schiavitù del peccato e della morte. Tutti siamo suoi figli, anzi vuole che viviamo tutti la sua amicizia. E, visto che Gesù ha dato la vita per tutti, è evidente che tutti per Gesù sono suoi amici: «Io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga». L’amore vicendevole che il Signore ci dona da vivere non è per restare chiusi nel recinto, ma per portare frutti per tutti. E se in questa pagina l’amore vicendevole è l’unico comandamento che il Signore dona ai discepoli è perché questo amore ha in sé stesso una destinazione universale. Già nell’amore vicendevole ci sono tutti gli uomini. Nessuno è straniero o nemico, per la comunità dei discepoli. L’amore vicendevole, la nostra comunione nel Signore, è universale come l’amore stesso di Dio. Anzi, è una piccola realizzazione del suo sogno sul mondo. Per questo Gesù poco prima aveva detto: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). La comunione dei fratelli e delle sorelle – la fraternità che siamo chiamati a vivere e a gustare – è la vera forza che cambia il mondo. È la nostra gioia, è la gioia dei poveri e la speranza per coloro che attendono una luce nel buio di questo nostro mondo.