Vangelo (Mc 9,2-10) - In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Il commento al Vangelo a cura di Monsignor Vincenzo Paglia
Abbiamo ascoltato dal vangelo di Marco che Gesù, “dopo sei giorni, prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto monte, in disparte, loro soli”. Anche per noi, potremmo dire, dopo sei giorni dalla prima domenica di quaresima siamo stati condotti da Gesù sul monte di questa santa liturgia, il nostro Tabor di ogni settimana. Gesù sta nel centro della assemblea: i nostri occhi sono tutti rivolti all’altare che è Cristo, le nostre orecchie attente alla sua voce, avvolti dalla nube della celebrazione. L’evangelista Luca - nella sua narrazione della Trasfigurazione - nota che Gesù stava pregando quando “fu trasfigurato”. Il verbo è al passivo: fu trasfigurato dal Padre, una luce abbagliante lo invase tanto da rifletterla dal suo stesso volto. Era lo stesso Gesù e tuttavia con una luce ancor più forte. E’ quel che accade anche nella santa Liturgia che stiamo celebrando: nella preghiera il Signore ci trasfigura. E’ lui che agisce anzitutto nella Santa Liturgia: radunandoci assieme per la preghiera ci fa entrare in quel “colloquium salutis” (colloquio spirituale) che l’evangelista ci fa intravedere nella scena della trasfigurazione con Gesù che “si intrattiene a parlare” con Mosé ed Elia e poi l’intervento della voce stessa del Padre ed infine anche le parole di Pietro. Mentre si svolge la Liturgia, mentre ascoltiamo i profeti, cantiamo i salmi e invochiamo il Signore, il nostro cuore viene trasfigurato coinvolgendo anche i nostri volti, persino le nostre vesti, e la stessa nostra vita: tutto sprigiona una luce nuova. Su questo monte della Liturgia
Sì, avendo tutti lo sguardo fisso su Gesù veniamo trasfigurati nel senso che diventiamo più simili a Gesù, luminosi del suo stesso amore, della sua stessa passione: trasfiguriamo così la nostra vita, ed anche quella dei poveri, quella drammatica dei popoli che sono schiacciati dalla guerra e dalla fame. Tutto parte dal monte, da Gesù, dalla Liturgia, dalla preghiera, per coinvolgimento, per irradiazione di quel volto. Per questo, la presenza nella Santa Liturgia – quella fisica anzitutto – è la condizione per essere trasfigurati, per poter dire con l’apostolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. L’evangelista Marco ce lo ricorda nella notazione che chiude la scena della trasfigurazione: i tre, al termine della visione, “non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro”. Quei tre potevano tornare nella pianura della vita con Gesù. Non avevano bisogno di nessun atro. Sì, la Chiesa non ha bisogno di altro. Basta solo il Vangelo. La missione dei discepoli è comunicare il Vangelo, perché solo il Vangelo trasfigura i cuori e il mondo. L’episodio successivo narra che gli apostoli che non erano saliti sul Tabor ed erano rimasti in pianura non erano riusciti a guarire il giovane epilettico. Non basta essere del gruppo, c’è bisogno di essere trasfigurati per poter trasfigurare.
Il Vangelo della Trasfigurazione mette anche sulle nostre labbra – non importa se anche noi siamo confusi – le parole dell’apostolo Pietro: “E’ bello per noi stare qui”. E’ bello stare qui sul Tabor che ci costruisce come un popolo. Ed è bello stare assieme ai tanti anziani, giovani, bambini, malati, poveri, stranieri che anche attraverso di noi sono trasfigurati in un popolo perché amati e accolti. In questi giorni di quaresima non stacchiamo i nostri occhi da Gesù, non cessiamo di ascoltare le sue Parole e di servire i poveri, saranno giorni di trasfigurazione, memori delle parole di esortazione Gesù ai discepoli: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che sta nei cieli”.