Domenica 16 novembre è in programma il Giubileo dei Poveri. Dopo la Messa nella Basilica di San Pietro, Papa Leone pranzerà in Aula Paolo VI con alcuni di loro. Un evento che cade in concomitanza con la COP30, la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, che si è aperta il 10 novembre a Belém, in Brasile, e si concluderà il 21 novembre.
In un mondo con disuguaglianze crescenti la ricchezza globale risulta sempre più concentrata, con l’1% che detiene più beni del 95% della popolazione mondiale. Secondo il Rapporto globale sulle crisi alimentari 2025 del Food Security Information Network, promosso dalla Rete globale contro le crisi alimentari – un’alleanza tra ONU, Unione Europea e diverse organizzazioni governative e non governative – quasi 300 milioni di persone in 53 Paesi affrontano gravi situazioni di fame e circa 808 milioni di persone sono in condizioni di povertà estrema, con meno di 3 dollari al giorno. Le conseguenze sono devastanti, soprattutto nelle aree già vulnerabili del pianeta, dove la povertà cresce rapidamente. Una povertà multidimensionale di cui Papa Leone XIV nella Dilexi te considera vari aspetti: l’economia disumana, l’ingiustizia sociale, la difficile realtà dei migranti, le violenze subite dalle donne, il traffico di persone, la piaga della malnutrizione e la crisi dell’istruzione.
Per rispondere al grido di tante persone in povertà la Chiesa italiana, con i fondi dell’8xmille, nel 2025 ha sostenuto 361 progetti in 63 Paesi per oltre 64 milioni di euro. Sono interventi che alimentano processi comunitari di sviluppo sostenibile e anche di accesso a opportunità formative a favore delle comunità locali e delle persone più fragili, discriminate e svantaggiate. È quello che avviene, grazie alla Fondazione Magis Ets dei Gesuiti e al Centro Alternativo Cultura, in 10 comunità indigene dell’Amazzonia Brasiliana, nello Stato del Parà, a beneficio di 1.150 persone socialmente ed economicamente vulnerabili (di cui quasi 200 bambini e adolescenti), 50 donne organizzate in 10 gruppi di economia solidale, 49 educatrici popolari. L’iniziativa riguarda Ananindeua, Barcarena, Colares e Belém, città, quest’ultima, dove si svolge la COP30, una delle più violente del Brasile. I casi di omicidio sono frequenti e i più esposti sono gli afro-discendenti, i poveri, i senza tetto, i migranti e i bambini. L’obiettivo è quello di dar voce, accompagnare e rendere consapevoli le comunità locali, principali vittime delle minacce legate all’espansione dell’agricoltura intensiva, all’allevamento di bovini, all’estrazione mineraria, al disboscamento e alle centrali idroelettriche. È parte delle attività del Grido degli Esclusi e delle Escluse, “Grito dos Excluídos e Excluídas”, creato nel 1995. “L’importanza storica del Grido – sottolinea Juscelio Pantoja, del Centro Alternativo di Cultura e coordinatore locale – è di riunire movimenti, pastorali sociali, partiti, organizzazioni e istituzioni che lavorano in difesa della vita, della dignità umana e dei diritti umani. È uno spazio collettivo di ascolto, pianificazione e organizzazione delle voci degli esclusi”. Nel corso della sua storia, il Grido ha già dimostrato capacità di influenzare le politiche pubbliche, rafforzare la società civile e mantenere viva la speranza di una sempre crescente inclusione. “L’impatto – conclude Pantoja – sta nella pressione che rafforza la certezza che un altro modello di società è possibile, un modello in cui tutti abbiano voce, dignità e spazio”.
Quella dignità che, anche nei contesti più difficili, va sempre difesa. Come in Libano dove le Suore del Buon Pastore si occupano delle comunità più vulnerabili e marginalizzate in particolare ragazze, donne e ai bambini. “Siamo accanto a quanti – dice suor Antoinette – soffrono a causa della povertà, dello sfollamento e dei traumi subiti. Sono famiglie arrivate senza nulla: le loro case sono state distrutte, non hanno nessuna risorsa, nessun mezzo per sopravvivere. Eppure la loro resilienza, la loro capacità di essere, nonostante tutto, solidali e attenti agli altri, è una forza che alimenta speranza anche in noi che le accompagniamo ogni giorno”.
La stessa speranza che arriva dalle tante storie di riscatto, come quella di Sorry, uno studente della scuola di ostetricia portata avanti da Medici con l’Africa CUAMM in un’altra zona segnata dalla guerra, a Lui, nel Sud Sudan. “È stata mia mamma a scegliere il nome Sorry, perché sono nato in un periodo in cui la guerra era ovunque, la gente scappava, abbandonava le proprie case, non c’era niente da mangiare, nemmeno le verdure. Così mia madre mi disse che si sentiva quasi in colpa per avermi messo al mondo in una simile situazione e ha voluto chiamarmi ‘Sorry’, ‘Scusa’. Ma io ora le voglio dire ‘grazie’. Crescendo infatti ho deciso di lavorare nella sanità così posso aiutare la mia gente e me stesso e grazie a questa scuola ci sto riuscendo. La scuola è un simbolo di pace e anche di speranza, perché qui ci sono molti amici che provengono da etnie e parti diverse del paese e stiamo tutti assieme”.
Storie che testimoniano – come ha ribadito Papa Leone XIV nel Messaggio per la Giornata Mondiale dei Poveri, che coincide con il Giubileo – che davvero “i poveri sono al centro dell’intera opera pastorale” e che “Dio ha assunto la loro povertà per renderci ricchi attraverso le loro voci, le loro storie, i loro volti”.
Il grido degli esclusi e delle escluse
Scritto il 10/11/2025
da

