Preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi: la meditazione di Mons. Maffeis

Scritto il 19/11/2025
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Il 18 novembre, nel corso dell'Assemblea Generale, si è tenuta la celebrazione dei Vespri e la preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi.

Il 18 novembre, nel corso dell’Assemblea Generale, si è tenuta la celebrazione dei Vespri e la preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi presieduta da Mons. Ivan Maffeis, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Vescovo delegato per il Servizio regionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Conferenza Episcopale Umbra. Di seguito la sua meditazione.

“Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente”. L’amore del Padre si è manifestato in Cristo Gesù. In Lui a tua volta sei figlio, figlio di Dio, membra di quel Corpo che è la Chiesa, pellegrina nella storia degli uomini con lo sguardo alla meta e già partecipe di “ciò che saremo, quando egli si sarà manifestato”.
Sapersi in cammino verso la città di Dio diventa criterio di misura delle cose; aiuta a mettere ordine nella propria vita, ad abbracciare scelte di sobrietà e di castità interiore; rende umili, pazienti, attenti: le relazioni hanno bisogno di custodia per crescere e non diventare ambigue. Ogni mancanza di rispetto è – a diverso livello – una forma di violenza, è sfruttamento, bisogno incontrollato di possesso, offesa della dignità, corruzione. Quando poi a esserne vittima è un minore o una persona vulnerabile, restano ferite che non conoscono prescrizione, ma cicatrici indelebili.
Davanti a tale gravità non rimane spazio alcuno per atteggiamenti di omissione o di sottovalutazione. Non basta nemmeno denunciare, reprimere e condannare un crimine perverso con ripercussioni non solo sulle vittime, ma sui familiari e sul popolo di Dio, disorientato e sconcertato tra dubbio, incredulità e scandalo.
Caro fratello Vescovo, riconosci i fatti, fa’ capire che “il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il tuo dolore”, è il dolore della Chiesa, minata nella sua credibilità, “indebolita nella sua capacità di profezia e di testimonianza”.
Accogli, ascolta e accompagna con sincera disponibilità le persone abusate, il loro bisogno essenziale di essere credute e, quindi, di ottenere giustizia.
Abbi pietà di chi si è macchiato di una responsabilità tanto aberrante; prega per lui e, con chiarezza, condividi con lui l’esigente percorso della riparazione e della conversione.
Hai ragione, non è facile governare tanta complessità. La nostra gente ci guarda attraverso gli occhi dei piccoli, come fece Gesù, che riconobbe in loro il carisma dell’innocenza.
Non disperare sotto il peso della solitudine a fronte di una sensibilità che oggi si fa risentimento diffuso. L’umiliazione per lo sdegno pubblico sopportala con umiltà, a testimonianza del tuo essere coinvolto nella sofferenza delle vittime e nella domanda ecclesiale di perdono.
Rileggi le inquietudini che ti attraversano portandole a Colui che – chiamandoti al ministero – ti ha promesso la sua presenza tutti i giorni, fino alla fine del tempo.
Vigila con fermezza, educa, forma.
Sollecita tutte le componenti della società civile per una presa di coscienza collettiva davanti a drammi, che rubano dal cuore dei piccoli la fiducia e ne manipolano la coscienza, privandoli dei valori a cui ancorare la vita.
Da problema emergenziale la tutela diventerà allora missione permanente, capace di farsi cultura in famiglia, nella scuola, nel mondo dello sport e del digitale – come nella stessa comunità cristiana – per ambienti ospitali e sicuri, dove ogni persona sia riconosciuta e rispettata nella sua sacralità.
Raccogli e continua la grande tradizione della Chiesa, guida affidabile e autorevole della crescita umana e spirituale delle giovani generazioni: un impegno in cui innumerevoli educatori hanno speso tutto se stessi a beneficio dell’intera società.
E, nei momenti più difficili, ti consoli la vicinanza amica di qualche confratello e, soprattutto, la testimonianza generosa di presbiteri che lasciano trasparire di aver consegnato la vita a un unico Signore, liberi dalla ricerca di ritorni affettivi o di affermazioni personali, contenti della loro vocazione, rispettosi dei rapporti che intrecciano. I nostri preti ci testimoniano il primato di Dio, che dà all’esistenza la forma del Vangelo e fa della Chiesa il segno e lo strumento della vivente presenza di Cristo nel mondo.
Sì, “quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente”.