Storia n° 5
Storia n° 5
M Mons. Vincenzo Paglia
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Cure appropriate nell’ambiente appropriato: l’abitazione.

Come spesso accadeva alle donne nubili di un tempo e malgrado i giudizi malevoli che le circondavano, Maria, oggi 88 anni ben portati, è stata una donna forte, indipendente e risoluta. E lo è ancora, malgrado l’età avanzata e le tante vicissitudini che ha dovuto attraversare. Ha sempre vissuto da sola, ma questo non le ha impedito di avere una vita sociale e professionale molto soddisfacente. Donna colta, studiosa, appena terminati le scuole superiori, si era iscritta ad un corso di dattilografia per poter iniziare a lavorare il più presto possibile e mantenersi autonomamente. Non erano certo tempi di grandi opportunità, allora, per le donne che volevano avviarsi ad una brillante carriera professionale. E così, ancora giovane, terminato il percorso di formazione, venne assunta dalla Democrazia Cristiana, dove presto si fece valere. Conobbe Aldo Moro ed entrò nella sua segreteria, ove rimase a lungo. Fu, la sua, una vita molto attiva e assai piena di soddisfazioni. Si comprò una bella casa a Roma, vicino a Piazzale Clodio, il quartiere di chi esercita una professione giuridica e dove vive tuttora. Due anni fa, già molto anziana e da tempo pensionata, Maria ha cominciato ad avere problemi di salute di una certa importanza per cui aveva bisogno di una serie continua di accertamenti. Niente di particolarmente specialistico o sofisticato, solo la necessità di ripetere alcune analisi, come ad esempio la misurazione del valore dell’emocromo, per tenere sotto controllo la situazione.

Nonostante non le mancasse una certa disponibilità economica e avesse fatto richiesta di un servizio domiciliare, le fu detto che sarebbe dovuta ricorrere ad un ricovero ospedaliero. E dopo l’ospedale, come in un circolo vizioso ininterrotto, ecco il trasferimento in una RSA, dove ha dovuto passare molti mesi e dove forse era destinata a rimanere per sempre. Tutto per un controllo frequente e regolare dell’emocromo!

Sembrava una situazione kafkiana e senza via d’uscita. Nel frattempo, in RSA, la salute di Maria peggiorava: era caduta in uno stato depressivo e cominciava ad essere confusa. In più sembrava che i suoi parenti non avessero alcun interesse a farla tornare a casa sua, piuttosto il contrario.

È stato solo grazie ad una assistente sociale sensibile e attenta, che è poi divenuta sua amministratrice di sostegno, se Maria cinque mesi fa è riuscita a tornare a casa sua, dove ora vive con una badante rumena, dolce ed energica allo stesso tempo, che lei chiama “la mia pupetta”.