I diritti ad una assistenza responsabile
I diritti ad una assistenza responsabile
M Mons. Vincenzo Paglia
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Il contesto

Monsignor Vincenzo Paglia - Presidente della Commissione


I diritti ad una assistenza responsabile

Anche il secondo capitolo, nei suoi primi due articoli, disegna diritti e doveri per una assistenza responsabile affermando che «2.1 La persona anziana ha il diritto di concorrere alla definizione dei percorsi di cura, delle tipologie di trattamento e di scegliere le modalità di erogazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria. Le istituzioni e gli operatori sanitari e sociosanitari hanno il dovere di prospettare alla persona anziana tutte le opzioni disponibili per l’erogazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria».

C’è un diritto alla conoscenza delle possibili alternative, dei pro e dei contro di ciascuna, nella moderna complessità dei percorsi terapeutici. Si potrebbe dire che anche nel campo della assistenza occorre formulare un consenso informato, indispensabile presidio al rischio di informazioni errate quando non apertamente contraffatte, o semplicemente alla mancanza delle stesse. È esattamente in questa direzione che muovono gli articoli successivi disponendo che «2.3 Alla persona anziana deve essere garantito il diritto al consenso informato in relazione ai trattamenti sanitari così come previsto dalla normativa vigente. 2.4 È dovere dei medici e degli esercenti una professione sanitaria fornire alla persona anziana in relazione alle sue condizioni fisiche e cognitive tutte le informazioni e le competenze professionali necessarie. 2.5 Le istituzioni hanno il dovere di adottare adeguate ed efficaci misure per prevenire gli abusi».

Illuminanti a questo proposito sono gli esempi riportati nel relativo commento: «frequenti sono i casi in cui per l’erogazione di un trattamento sanitario è richiesto impropriamente il consenso all’amministratore di sostegno anche laddove la persona anziana risulti capace di esprimerlo, così come i casi in cui le informazioni sullo stato di salute vengono fornite solamente ai parenti e non alle persone anziane interessate né ad altri soggetti da queste indicati».

I successivi articoli mirano a garantire agli anziani cure della stessa qualità offerte ai più giovani; che i setting assistenziali non producano, paradossalmente, disabilità o perdita della autosufficienza; che le terapie e l’assistenza abbiano sempre anche obiettivi di recupero e di ritorno alle condizioni di salute e di vita precedenti. Erogare l’assistenza domiciliare rappresenta in sé una garanzia: sappiamo bene infatti come la istituzionalizzazione rappresenta un fattore intrinseco di invalidità fisica e mentale: il cosiddetto allettamento, gli stati di confusione che accompagnano inevitabilmente il distacco da casa, la immobilità cui si è costretti, il cambio di alimentazione, i diversi ritmi del sonno, la povertà delle attività che è possibile svolgere, l’isolamento sociale oggettivo, solo per citare le variabili più significative. È questa la ratio degli articoli che seguono: «2.6 La persona anziana ha diritto a cure di alta qualità e a trattamenti adatti ai suoi personali bisogni e desideri. 2.7 La persona anziana ha diritto all’accesso appropriato ed effettivo ad ogni prestazione sanitaria ritenuta necessaria in relazione al suo stato di salute. 2.8 La persona anziana ha diritto di essere accudito e curato nell’ambiente che meglio garantisce il recupero della funzione lesa. 2.9 È dovere delle istituzioni contrastare ogni forma di sanità e assistenza selettiva in base all’età».

Purtroppo, anche in Italia va affermandosi la tendenza, diffusa in altri paesi europei, di negare cure di qualità agli anziani. La pandemia ha svelato tendenze preoccupanti in questo senso: dal “contratto” che i medici olandesi propongono ai loro pazienti anziani -lunga ventilazione o eutanasia in caso di COVID- alle limitazioni di accesso alle terapie intensive messe nero su bianco in Svizzera e Spagna per pazienti over 75. La galleria degli orrori sarebbe molto lunga. Uno studio di eCancer Medical Science rivela che solo la metà degli anziani in Europa riceve le cure di eccellenza per tumori riservate ai più giovani. E paradossalmente le neoplasie sono forme assai più diffuse in vecchiaia! Tuttavia, non è nemmeno necessario scomodare la pandemia e le scelte che l’hanno accompagnata o le forme tumorali. Purtroppo basta considerare l’ordinario, almeno negli ospedali inglesi, basato su dati del Parliamentary Service Ombudsman e il Daily Telegraph: I pazienti anziani sono lasciati senza cibo o acqua, le loro ferite restano aperte e le medicazioni non vengono cambiate, i pazienti non vengono lavati, c’è un modo malamente inadeguato di pulirli, lasciando le persone impregnate di urina o a letto nelle loro feci, in mancanza di farmaci per il dolore, con terapie scorrette, o persone lasciate sul pavimento dopo essere cadute, e così via.

L’articolo del Daily Telegraph descrive tali abusi come norma negli ospedali inglesi e conferma ciò che molte famiglie hanno saputo e lamentato per anni. I dati riportati sono del 2010, ben prima della pandemia, e certamente non in un regime emergenziale. C’è un argine da ricostruire per evitare di cadere in simili orrori e perdite di umanità. La carta prova a disegnare garanzie per tutti: che non manchino le cure, che esse abbiano l’obiettivo di guarire, quando possibile, che ci si occupi sempre di alleviare ogni forma di sofferenza e dolore. Quest’ultimo punto è stato ritenuto così importante dalla Commissione, da essere inserito in realtà nel primo capitolo, dove troviamo il seguente testo: «La persona anziana ha il diritto di accedere alle cure palliative, nel rispetto dei principi di conservazione della dignità, del controllo del dolore e della sofferenza sia essa fisica, mentale o psicologica, fino alla fine della vita. Nessuno dovrebbe essere abbandonato sulla soglia dell’ultimo passaggio».

Esso è accompagnato dal seguente commento: «Il crescente invecchiamento della popolazione, l’evoluzione del quadro epidemiologico e i progressi della scienza medica rendono sempre più attuale la necessità di garantire alle persone anziane un adeguato accesso alle cure palliative ed un rinnovato sostegno umano, sociale e spirituale. Come evidenziato dalla letteratura internazionale di riferimento, accanto agli elementi generali su cui si fondano le cure palliative (identificazione precoce, multidimensionalità della valutazione e delle cure, continuità delle cure e pianificazione individualizzata dei percorsi di cura e assistenza), occorre considerare la specificità dei bisogni espressi dai malati anziani e le modalità con cui questi bisogni si manifestano. In tal senso, occorre considerare che la solitudine è sempre una condizione dura, ma nei momenti della debolezza e della malattia lo è ancor più. Con il dolore è insopportabile; si preferisce la morte al soffrire da soli. La richiesta della eutanasia spesso parte di qui. I familiari, i corpi sociali, la collettività, hanno il dovere di non delegare alla sola dimensione medica le necessità del morente, ma di accompagnarlo degnamente e affettuosamente negli ultimi tempi della vita».

La lotta al dolore attraversa tutti e tre i capitoli del nostro testo: essa è insieme diritto, tutela di assistenza e cura, accompagnamento umano e sociale nella consapevolezza che il dolore non può e non deve essere vissuto in solitudine. Da questo desiderio che è di tutti, semplicemente di essere curati nel migliore dei modi, e accompagnati nelle diverse difficoltà della vita, nasce la proposta della Commissione di un modello nuovo di cura, vicino alle abitazioni, attento al sociale, preoccupato della prevenzione, alla ricerca di sinergie. Lo comprendiamo meglio andando a sviscerare quanto riportato nella terza sezione della Carta.