Giovani e salute mentale. Vicari (Università Cattolica): “I genitori non devono avere paura di chiedere aiuto”

Scritto il 26/11/2025
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Il raddoppio in quasi dieci anni delle prescrizioni di psicofarmaci in età pediatrica, certificato dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio del consumo di farmaci di Aifa in Italia, ha lanciato l’allarme: si è passati da 20,6 confezioni di antipsicotici, antidepressivi e medicinali per l’Adhd ogni 1000 bambini, registrate nel 2016, a 59,3 nel 2024. Anche se i numeri sono lontani da quelli registrati da altri Paesi, come ad esempio la Francia o gli Stati Uniti, per coloro che quotidianamente affrontano l’emergenza della salute mentale i dati rappresentano solo la punta dell’iceberg. La situazione italiana è infatti contraddistinta da personale e servizi specializzati carenti che non sempre riescono a intercettare i bisogni e intervenire in maniera adeguata. Al Sir, Stefano Vicari, responsabile della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (OPBG) e ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso l’Università Cattolica di Roma, mette in luce un aumento esponenziale dei disturbi neuropsichiatrici evidenziando al contempo l’insufficienza della risposta sul territorio. La crescita va attribuita a un mix di fattori, tra cui l’impatto amplificatore della pandemia, la diffusione precoce delle dipendenze (soprattutto da smartphone e Internet) e la difficoltà degli adulti a mantenere un ruolo educativo saldo. C’è però una buona notizia: i disturbi mentali in età evolutiva non sono irreversibili, possono essere curati. Sta ai genitori vincere la paura e chiedere aiuto se notano del malessere.

Professore, secondo la Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (Sinpia), in Italia sono circa 2milioni i bambini e gli adolescenti con disturbi neuropsichiatrici rilevanti. Per loro, anche se crescono le prescrizioni, la disponibilità di servizi specialistici di neuropsichiatria infantile e del personale è insufficiente.
La realtà ci dice che le terapie farmacologiche utilizzate riguardano ancora un’esigua minoranza di ragazzi che ne avrebbe bisogno. Il tema è che in Italia le malattie e i disturbi mentali in età evolutiva, cioè fra i 0 e i 18 anni, sono spesso ancora poco riconosciuti e quindi scarsamente trattati. Uno dei motivi è che ci sono poche strutture dedicabili e servizi sul territorio sia ambulatoriali sia d’emergenza che più frequentemente richiedono una terapia farmacologica. La popolazione avrebbe ancor più bisogno di servizi e prescrizioni di farmaci. Stando ai dati epidemiologici, l’8% degli adolescenti ha un disturbo d’ansia, tuttavia i ragazzi che vengono trattati sono in numero nettamente inferiore. Il tema è come garantire la cura a chi sta male.

Il fatto che l’uso dei farmaci psicotropi rimanga sensibilmente più basso rispetto agli altri Paesi è perché curiamo di meno?
Negli altri Paesi ci sono maggiori capacità diagnostiche e d’intervento. Inoltre, ci sono più servizi territoriali dedicati alla psichiatria del bambino e dell’adolescente.

La maggiore incidenza dei disturbi va imputata a una migliore capacità di diagnosi?
No, i disturbi stanno aumentando almeno dal 2010-2013. Sono disturbi complessi che hanno alla base più fattori determinanti. Una delle ragioni della crescita è legata alla diffusione delle dipendenze. I bambini iniziano sempre prima a fare uso di cannabinoidi e di altre molecole chimiche, che hanno principi attivi sempre più potenti. La dipendenza dal gioco d’azzardo, un fenomeno in grande crescita tra i ragazzini, ma soprattutto la dipendenza da smartphone svolgono un ruolo centrale perché toglie tempo per fare altro. Un accesso libero a internet, infatti, vuol dire anche un accesso al porno che crea problemi di dipendenza. È paradossale che il Parlamento discuta se è giusto o meno fare educazione sessuale nelle scuole mentre i bambini accedono ai siti porno.

Anche la popolazione adulta ha problemi di dipendenze.
Gli adulti spesso non svolgono il loro ruolo educativo nei confronti dei bambini e degli adolescenti. I genitori fanno fatica a dare delle regole ai propri figli, a incarnare la loro responsabilità.

La pandemia è un fattore cha ha portato all’aumento di disturbi?
Ha sicuramente amplificato un fenomeno che era già in grande crescita. Fino al 2013 facevamo 240 consulenze l’anno nel pronto soccorso del Bambin Gesù per motivi psichiatrici. Nel 2019, prima della pandemia, erano già 1050, mentre oggi sono 1650. L’autolesionismo è il motivo principale di accesso, un fenomeno che riguarda almeno il 40% degli adolescenti, soprattutto i più piccoli. La cosa drammatica è che il 93% degli dei genitori non lo sa, non se ne accorge.

Quali sono le sfide che crede non debbano essere eluse nella corretta assistenza psichiatrica delle giovani generazioni?
I disturbi mentali in età evolutiva si curano se vengono intercettati. Il problema sta nell’essere attenti ai segnali di cambiamento dei ragazzi, di malessere, di sofferenza per poter intervenire. I genitori non si devono sentire in colpa. Un genitore raramente è la causa di un disturbo mentale perché le cause sono molteplici, ma è quasi sempre la chiave della soluzione, la possibilità che i figli ce la facciano, non deve quindi aver paura di chiedere aiuto.

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