Ormai dovrebbero risultare chiari a tutti gli obiettivi dei due macabri protagonisti delle vicende mondali di questi anni, Netanyahu da una parte e Putin dall’altra, intenzionati l’uno ad annientare Hamas e ad occupare se non annettere la Striscia di Gaza, l’altro ad annettere o comunque a sottomettere l’Ucraina. E nessuno dei due intende fermarsi. La coincidenza vuole che ambedue abbiano come sponsor comune il presidente degli Stati Uniti, quel Trump che non nasconde di essere loro amico ed appare il primo ad avallare, in modi e forme diverse, l’operato criminale di entrambi. Il conflitto in Palestina, che si sta incrudelendo in questi giorni con la distruzione sistematica di Gaza, su cui tutti (o quasi) ormai sono scandalizzati, ha, com’è noto, radici profonde. E se c’è chi paragona, certo impropriamente, il capo del governo israeliano attuale a Hitler, va sempre tenuta in considerazione la micidiale scintilla appiccata deliberatamente quasi due anni fa (mancano solo quindici giorni al secondo anniversario) da Hamas. Organizzazione palesemente terroristica che si premura ora di dichiarare che non si prenderà cura degli ostaggi più di quanto non se ne curi il leader d’Israele; affermazione eloquente che si potrebbe completare con un’altra non meno reale: Hamas non si prenderà cura, né se ne è mai presa, di tutti i palestinesi che fuggono disperati più di quanto ormai se ne prenda cura l’esercito israeliano che ha come unico bersaglio le migliaia di militanti ancora attivi nei tunnel e negli scantinati della città martoriata, anche se questo comporta la tragedia di un popolo intero, all’interno del quale, peraltro, risulta sempre più difficile stabilire chi non sta dalla parte di Hamas che continua a strumentalizzare e terrificare la gente in totale, per quanto involontaria, combutta con lo stesso Israele. Gli inutili tentativi di dialogo sabotati in tutti i modi da ambedue le parti erano solo uno schermo dietro il quale perseguire i propri obiettivi. Ciò che sconcerta sempre di più è ora la crudeltà con cui l’occupante sta procedendo provocando distruzione, fame, morte, senza limitazioni e senza freni neppure di fronte ai bambini. A cui corrisponde l’indifferenza e l’assurda complicità dei terroristi che non vogliono cedere. Non è molto migliore la situazione nell’altro teatro di guerra, dove si è superato ormai il 1300° giorno di violenza, di oppressione, di distruzione e di morte, parimenti senza alcuna prospettiva imminente di una pausa. Anzi! Lo zar sta prolungando necessariamente il conflitto (probabilmente pensando alla sua stessa sopravvivenza di leader, come sta facendo quello di Tel Aviv…) perché il suo disegno non può fermarsi. E lo fa capire chiaramente, persino testando, con simboliche incursioni di droni, la reazione della Nato, con la quale ha già fatto dire dal suo fedele portavoce Peskov di ritenersi ormai di fatto in guerra. Il ruolo dell’onnipotente Trump sembra svanire nel nulla di fronte alla determinazione dell’amico, tanto da spingerlo indirettamente a tentare il tutto per tutto. Ha un bel dire Zelensky nell’esigere accordi chiari e firmati dall’Europa e dagli Usa sulla sicurezza futura dell’Ucraina prima di ogni trattativa per la fine della guerra: di questo passo, se potrà averli, almeno in parte, dagli europei, difficilmente li otterrà da chi ha mostrato di non voler opporsi all’invasore (che neanche mai definisce tale!). Venti di guerra scuotono l’Europa e tutti ormai ne parlano. C’è addirittura il rischio che si diffonda l’idea che, con queste crescenti tensioni, la “guerra”, del resto già in corso a pezzetti, diventi quasi ineluttabile per tutti. Su quest’onda di timori anche il nostro ministro della difesa fa capire che l’Italia non sarebbe pronta ad affrontarla: monito o sfida, non si sa. Ma sappiamo tutti che la guerra non è di per sé inevitabile. Si può e si deve evitare, sempre e in tutti i modi. Purtroppo, la realtà ci dice che non è stato così anche lì dove si poteva evitare ed ora diventa sempre più difficile fermarsi e fare un passo indietro. C’è un nodo che sembra complicare ancor di più l’intricato meccanismo internazionale: ed è la crisi delle democrazie, ormai sotto gli occhi di tutti. Anche quella d’Israele è una democrazia: più in crisi di cosi! E’ in crisi la madre delle democrazie, quella statunitense, dove si sta drammaticamente erodendo il patrimonio di secoli. Sono in crisi, in forme, misure e condizioni diverse, le nostre grandi e storiche democrazie europee, da quella francese a quella inglese a quella (meno storica) tedesca, per non dire di altre dell’est in bilico con autocrazie. In crisi, dobbiamo riconoscere, anche la grande famiglia democratica dell’UE. Una crisi che interpella tutti e che esige qualche risposta: proprio le democrazie devono assumersi maggiore responsabilità per sanare i contrasti e comporre i conflitti.
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Scritto il 17/09/2025
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