Un altro tributo del e al Poverello d’Assisi: il presepe. Perché è da lui che è partito un nuovo modo di ascoltare la voce del Natale, la profonda eco di qualcosa che aveva iniziato il cambiamento del mondo duemilaventicinque anni fa. Tommaso da Celano scrisse che Francesco aveva trasformato Greccio in una nuova Betlemme, e Bonaventura da Bagnoregio, nella sua Legenda maior, rammentò l’episodio scrivendo che tre anni prima della sua morte, il Poverello voleva ricordare la Natività di Gesù Bambino, chiedendo e ottenendo il permesso del Sommo Pontefice. Fu così che riuscì a portare non solo del fieno per la mangiatoia (in latino “praesepium”), ma anche un bue e un asinello, in uno scenario così bello che lo stesso Francesco fu veduto “con gli occhi in lacrime e il cuore inondato di gioia”. Una notte straordinaria in cui il Poverello, “levita di Cristo”, con gli abiti diaconali, cantò il Vangelo in un’atmosfera talmente nuova e “di grande tenerezza” che un cavaliere di riconosciute virtù, Giovanni da Greccio, affermò di avere visto davvero un piccolo bambinello dormire nel presepio. Perché, davvero, Greccio era divenuto una nuova Betlemme.
E non fu l’unico evento mirabile che scaturì dal ricordo di quel Prima che dette origine a una tradizione osservata non solo dai credenti, ma anche dagli scettici, se non atei, perché quel presepio va oltre l’adesione a una Chiesa o alla fede, ma affonda le sue radici in una sorta di ritorno. A Francesco e a Greccio un po’ più di ottocento anni fa, certo, ma anche a quella Natività originaria che continua a proliferare senso ed emozione ancora oggi.
Gianni Rodari ne ha fatto un “racconto” sulla diversità e sulle ossessioni dettate dai luoghi comuni in una filastrocca che però dice molto di più di quello che il genere farebbe pensare, perché il suo “pellerossa” visto come un selvaggio armato e pericoloso vorrebbe invece deporre la sua ascia di guerra davanti al Bambinello, perché lui è davvero realmente l’uomo di buona volontà.
Anche quando quel presepe è apparentemente un’ossessione, come in Natale a casa Cupiello di Eduardo De Filippo, si rivela, alla fine della vita del capofamiglia, uno strumento di unione, ritorno, riappropriazione di qualcosa: lo spazio sacro della famiglia, che rischiava di essere perduto.
Un fascino talmente grande da aver colpito l’immaginazione di gruppi rock come Frankie Goes to Hollywood, che si ispirarono anche ad esso, soprattutto nel filmato della canzone “The Power of Love”.
E, per tornare alla poesia, il presepio ha affascinato anche Gabriele D’Annunzio, che in una sua poesia ricorda con struggente nostalgia la riunione della famiglia di fronte alla disposizione di Maria, Giuseppe, il Bambino, dei pastori, delle tradizionali figure che non hanno mai smesso di affascinare persone semplici, ma anche intellettuali, gente di qualsiasi estrazione sociale.
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