Si avvicina il momento di tirar fuori dalle cantine gli scatoloni con le statuine, la carta per il cielo e le montagne, la Sacra Famiglia, il bue e l’asinello, gli angeli, i pastori, i Magi prima a cavallo o sul cammello, poi appiedati e inginocchiati, e soprattutto il mitico “pastore della meraviglia”, senza il quale mancherebbe un elemento essenziale del presepe. È anche il caso di chiederci come possiamo arricchire il nostro allestimento e magari fare un salto a San Gregorio Armeno per procurarci qualche nuova statuina.
Eppure, ogni anno in questa occasione non mancano le polemiche. Le aveva già previste il genio di Eduardo nel suo capolavoro Natale in casa Cupiello: “Concetta: Io nun capisco che ’o faie a ffa, stu Presebbio. Na casa nguaiata, denare ca se ne vanno… E almeno venesse bbuono! Tommasino: Non viene neanche bene. Luca: E già, come se fosse la prima volta che lo faccio! Io sono stato il padre dei Presepi… venivano da me a chiedere consigli… mo’ viene lui e dice che non viene bene. Tommasino: A me non mi piace. Luca: Questo lo dici perché vuoi fare il giovane moderno che non ci piace il Presepio… Il superuomo. Il presepio che è una cosa commovente, che piace a tutti quanti… Tommasino: A me non mi piace. Ma guardate un poco, mi deve piacere per forza?”.
Tuttavia, con buona pace dell’amato autore partenopeo, non si tratta tanto di una controversia generazionale. Non di rado, infatti, fra le mie conoscenze registro l’insistente richiesta dei ragazzi rivolta ai genitori o ai nonni (magari ex sessantottini): ma quando facciamo il presepe? Come anche lo ritrovo in case abitate da persone che si dicono non credenti o diversamente credenti. Tra l’altro, l’allestimento del presepe ha resistito nel tempo al tentativo di sostituirlo col più laico albero di Natale. La saggezza popolare, nella maggior parte dei casi, ha tenuto insieme le due tradizioni, rivelandosi inclusiva piuttosto che escludente.
La polemica viene messa in atto piuttosto da parte di quanti sostengono posizioni laiciste di tipo ideologico (che si intravedono nella risposta del padre a Tommasino) e quanti fanno propria l’ostinazione dell’anziano Lucariello. La disputa, spesso strumentalizzata da entrambe le parti, riguarda piuttosto l’esibizione del presepe in ambienti pubblici, che – si dice – devono essere rigorosamente laici, ossia neutrali per non offendere quanti non si riconoscono nella fede cristiana. Una sana laicità, al contrario, dovrebbe interrogarsi sul senso autentico di questa tradizione, piuttosto che avviare crociate iconoclaste che finiscono con l’offendere chi crede.
A supportare il divieto di allestire il presepe in luoghi pubblici, spesso si invoca il contesto pluralistico nel quale siamo inseriti e che ovviamente ci appartiene. Eppure, non c’è nulla di più plurale del presepe. Una pluralità che si mostra nei diversi personaggi e che li pone tutti sullo stesso piano: dagli umili pastori, a quanti svolgono altri mestieri, alla nobiltà dei Magi coi loro ricchi mantelli e i loro cammelli. E il presepe è capace di tenere insieme anche personaggi di diverse epoche e latitudini. Resta fuori o ai margini del presepe solo chi detiene il potere e considera la nascita del Bambino un pericolo per la propria autorità, brigando per eliminarlo e perpetrando una strage degli innocenti, che – ahimè – continua ancora oggi da parte di chi imbraccia le armi contro popolazioni inermi.
E qui si mostra ancora una volta la valenza culturale e artistica dell’evento cristiano. Se, infatti, dovessimo distruggere ogni opera d’arte che ad esso si ispira, saremmo certamente molto più poveri di bellezza. Tale espressione artistica si rivela nella fattura dell’ambiente presepiale e nelle figure dei personaggi, ma anche, in maniera viva e dinamica, nelle rappresentazioni dei presepi viventi che percorreranno i nostri borghi e vedranno protagonisti persone di ogni ceto e appartenenza. E si tratta di un messaggio anche per chi non crede, che si fermerà a questo aspetto profondamente culturale, contemplando l’umanità precaria di un Bambino, laddove chi crede vi scorgerà l’umanità di Dio stesso.
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