“Un segno forte di vicinanza e di solidarietà al popolo libanese che vive oramai da lungo tempo una crisi economica, sociale e politica, oppresso dalla guerra che si combatte al confine sud tra Israele e Hezbollah”. Padre Michel Abboud è il presidente di Caritas Libano e definisce così il viaggio apostolico che porterà Leone XIV prima in Turchia (27-30 novembre), per i 1700 anni del Concilio di Nicea, e poi in Libano (30 novembre – 2 dicembre). Nel Paese dei Cedri il pontefice è atteso da un denso programma di eventi, tra i quali spiccano, per significato, la sosta alla tomba di san Charbel, la visita ai malati dell’ospedale psichiatrico “De la Croix” gestito dalle suore della Croce, a Jal ed Dib, e la preghiera silenziosa sul luogo dell’esplosione al porto di Beirut (4 agosto 2020). Tema della visita in Libano è “Beati gli artigiani di pace” che richiama il versetto delle Beatitudini (Mt. 5,9). “Un tema di speranza – sottolinea il presidente della Caritas – perché la visita del Papa porterà anche un messaggio di speranza”.
Pace e speranza saranno quindi parole chiave di questo viaggio nel Paese dei Cedri?
Certo. Non è facile parlare di speranza in Libano dove il futuro è sempre segnato dalla guerra. Noi proviamo angoscia per il domani. Il popolo libanese ha vissuto la Prima e la Seconda guerra mondiale, le guerre civili, adesso il conflitto nel sud tra Hezbollah e Israele. Abbiamo visto sempre sangue. Papa Leone viene per portare speranza e consolazione, per incoraggiare, ascoltare e sostenere. Sarà un forte invito a rinnovare la fiducia nella missione della Chiesa, nei valori della dignità umana, della pace e della solidarietà.
Come sta vivendo il Paese l’attesa per l’arrivo di Papa Leone XIV?
Nonostante siano giorni di tensione e di guerra il popolo libanese sta aspettando questa visita come un respiro di pace. La presenza del Pontefice richiamerà l’attenzione internazionale sulla sofferenza del nostro popolo, specialmente dei più poveri, degli anziani, dei malati, dei rifugiati.
I libanesi vogliono gridare al mondo “vogliamo la pace, basta con la guerra, basta”.
Un grido che rivendica la natura del Libano, richiamata da san Giovanni Paolo II prima, e da Papa Francesco dopo, quando hanno definito il Libano un “messaggio e un progetto di pace”. Come ravvivare questo ‘messaggio’, e cosa fa la Caritas per renderlo concreto?
La Caritas è il cuore della missione sociale della Chiesa in Libano. La visita del Papa è un riconoscimento di questo impegno. Papa Leone XIV conosce profondamente la dimissione caritativa della chiesa, perché lui, come sappiamo, ha lavorato personalmente con la Caritas in Perù dove ha trascorso gran parte della sua vita come missionario e vescovo.
Il pontefice sa bene cosa significa servire sul campo, incontrare i poveri, i rifugiati, affrontare emergenze e crisi umanitarie. Questa visita è dunque un segno della presenza della Chiesa.
Caritas Libano è accanto a più di un milione di persone ogni anno grazie ai suoi centri sanitari, ai programmi sociali, di sviluppo, di educazione, di formazione, di avviamento al lavoro e interventi d’emergenza. Il tutto portato avanti da volontari, giovani, operatori, benefattori per mantenere viva la speranza, segno della testimonianza cristiana e della scelta preferenziale dei poveri e degli ultimi.
A proposito di poveri, lei vede cambiato il volto della povertà in Libano? Ci sono nuove necessità, ci sono nuovi poveri?
Innanzitutto, vorrei sottolineare che Papa Leone XIV viene ad incontrare anche la povertà del nostro Paese. La sua sarà una vera e propria visita di solidarietà. Qualche piccolo cambiamento positivo comincia ad esserci ma sta emergendo una crisi cosiddetta ‘nascosta’. È quella patita da persone che soffrono in silenzio, che, per esempio, non riescono a curarsi per mancanza di possibilità e che vengono alla Caritas per chiedere aiuto. Famiglie che non possono permettersi di mandare i loro figli a scuola. Nei nostri centri di ascolto arrivano tante persone con bisogni speciali, che necessitano di tutto e che sono assistiti dalla Caritas e da altri organismi ecclesiali.
(Foto Calvarese/SIR)
L’arrivo di Leone XIV, secondo lei, potrà dare nuovo vigore a questa azione caritativa della Caritas?
Noi lavoriamo in nome della Chiesa. La venuta del Papa sarà un incoraggiamento a continuare la missione e un richiamo a rimanere fedeli alla carità operosa, non solo materialmente ma anche spiritualmente, con un supplemento di amore, di ascolto e di accompagnamento. Diciamo grazie a tantissimi benefattori in tutto il mondo, tanti sono in Italia, che ci aiutano e continuano a farlo perché nessuno resti indietro. Papa Leone XIV ci dice, con la sua presenza, che non siamo soli.
Cosa si aspetta da questa visita papale? Quali frutti vorrebbe che nascessero?
Una guarigione spirituale per il Libano, per il suo popolo. Abbiamo bisogno di una parola di risani che tocchi il cuore, che dia coraggio alla gente di realizzare la pace nel cuore.

