Toni alti, risultati modesti

Scritto il 26/11/2025
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Il clima di rissa e di contrapposizione che ha caratterizzato i primi tre anni di governo Meloni, aggravato dal recente attacco a Mattarella, è destinato ad acuirsi nei prossimi mesi quando, chiuso lo sterile dibattito sulla manovra finanziaria, si entrerà nel vivo della campagna referendaria per la conferma o la bocciatura della riforma della magistratura. È veramente stucchevole come di fronte alle dimensioni sempre crescenti delle criticità mondiali – su tutte, la guerra infinita in Ucraina e la precaria tregua in Medio Oriente – la nostra classe politica non riesca a uscire da quella mediocrità che è causa preminente della disaffezione dei cittadini alla vita democratica. Ne è una prova il sempre crescente numero di elettori che disertano le urne. Il linguaggio degli insulti e della denigrazione prevale sul confronto delle idee: l’opposizione non va oltre la demonizzazione di tutto quello che fa il governo, compreso quel po’ di buono realizzato, mentre i partiti di maggioranza, con in testa la premier, non tralasciano occasione per magnificare i loro successi – veri o presunti – e per punzecchiare i partiti di opposizione, dichiarandoli responsabili dei guasti – veri o presunti – prodotti dai loro governi. È amaro constatare come la classe politica non comprenda che più si alzano i toni, più si alimenta la cultura della rissa e più ci si allontana dalla soluzione dei problemi reali del Paese. L’iter per l’approvazione della manovra finanziaria – oltre tre mesi di dibattito –poteva costituire, volendo, non solo l’occasione per aggiustare i conti, ma anche per avviare un proficuo confronto sulle tante criticità del Paese. È innegabile che tanti indici – tra cui la tenuta dei conti e l’aumento dell’occupazione – rappresentano le principali luci del governo di centro destra. Così come è, altrettanto, innegabile che i dati forniti dai vari istituti di ricerca – Istat (Istituto nazionale di statistica) su tutti – parlano di un Paese che, a causa dell’alta pressione fiscale, della burocrazia e della lentezza della giustizia – è caratterizzato da una debole crescita economica. Una situazione, questa, destinata a peggiorare quando si chiuderanno i cantieri finanziati con i fondi del Pnrr. Un Paese, altresì, dove anche chi lavora può trovarsi in difficoltà con affitti, bollette e debiti vari, a causa dei bassi salari e dell’inflazione. Un Paese, ancora, dove quasi sei milioni di persone, oltre due milioni di famiglie, vivono in condizione di povertà assoluta non disponendo, cioè, di un reddito sufficiente per condurre una vita dignitosa. Per tali famiglie, molte delle quali assistite dalla Caritas, la povertà alimentare, quella abitativa e quella sanitaria, rappresentano veri e propri drammi. Chi vive di stenti, ovviamente, rimane estraneo al dibattito su una manovra che dà poco, alimenta polemiche senza cambiare né la vita delle persone, né lo stato delle cose. Con la solita lungimiranza e saggezza che lo contraddistingue, il presidente Mattarella, intervenendo a Bologna all’Assemblea dell’Anci (Associazione nazionale Comuni d’Italia) rivolgendosi alle migliaia di sindaci presenti, sottolineava che
“Siamo davanti a forme inedite di disagio e a nuove povertà che non possiamo trascurare o porre tra parentesi”. E riferendosi a uno degli argomenti maggiormente trattati – la casa – nel dibattito sulla manovra, sottolineava che “Le politiche per la casa nella duplice segnalazione di un’emergenza per le tensioni abitative che si manifestano e, insieme, di un bisogno fondamentale cui corrispondere per sostenere l’avvio di serie iniziative a sostegno della natalità, richiedono uno sforzo di programmazione, che interpella, insieme, Comuni, Regioni e Stato”. Anche perché, ha aggiunto, “si tratta di politiche basilari per incoraggiare le nuove famiglie e per favorire i giovani studenti”. Per tali motivi i problemi della sanità, della casa, della povertà e tanti altri ancora, non possono risolversi con qualche bonus o “mancetta”, ma con interventi strutturali programmati che richiedono il massimo di convergenza di ogni forza politica di maggioranza, come di opposizione.

(*) direttore “La Vita Diocesana” (Noto)

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