“Vi affido mio figlio”. “Oggi mia nuora si opera, vi chiedo di ricordarla”. “Per favore una preghiera, la situazione è molto pesante”. Oppure, “chiedo un’intercessione speciale per i miei figli”. “Oggi ricordiamo Simona, ha la prima udienza in tribunale”. Ma anche “grazie per le vostre preghiere e il vostro sostegno”. Sono i messaggi di una chat e come in tutte le chat,
le persone che la frequentano, – una nell’altra e tutte insieme –, trovano in quei messaggi scritti e letti la forza e il coraggio necessari per affrontare quel che “basta alla pena di ogni giorno”.A volte è sufficiente un emoticon e in quelle richieste di aiuto, così nelle rassicurazioni, tutte si sentono accolte, ritrovano speranza e sperimentano cosa significa “portare i pesi gli uni degli altri”.
Nulla di nuovo sotto il sole, si direbbe, se pensiamo alle tante chat che popolano i nostri smartphone. Ma questa chat, simile alle altre, ha qualcosa di diverso, se non di unico. Intanto nel motivo che l’ha generata: le partecipanti sono solo donne — mamme, nonne, spose, vedove, separate, — appartenenti ad alcune parrocchie di Roma, cui sta a cuore, o è stata affidata, la sorte, la salute, la vita, il futuro di un figlio, una figlia, un nipote, una famiglia, un ragazzo o una ragazza. E poi il nome: “Santa Monica”, scelto proprio per il legame con la celebre santa, madre di Agostino, venerata come protettrice delle madri, specialmente di quelle che pregano per i figli in difficoltà. Con la sua preghiera, Monica fece breccia nel cuore di Dio e ottenne la conversione del figlio, oggi celebrato come uno dei maggiori padri e dottori della Chiesa latina.
La chat è attiva da più di un anno e vive da sempre una sua disciplina. Ogni giorno, come e quando può, ciascuna recita una decina del rosario per tutte le intenzioni del gruppo, cui si uniscono, piccole grandi offerte, libere e personali, per particolari situazioni. Altre volte ci si ritrova per momenti di preghiera comune o iniziative parrocchiali. Ma non è questo a rendere unica la chat. Nel mondo, infatti, potrebbe esisterne una simile sia negli obiettivi che nel nome.
Già, “Santa Monica”, un nome che di questi tempi, ci rimanda al nuovo successore di Pietro, Papa Leone XIV, anche lui figlio di Sant’Agostino. Probabilmente anche la sua vocazione è in qualche modo intrecciata alla figura della madre del santo di Ippona. Un particolare, questo, non sfuggito a una delle partecipanti al gruppo. Un’ispirazione così forte da spingerla, dopo la necessaria consultazione con le altre, a scrivere al Pontefice per informarlo della loro attività e soprattutto per chiedergli di ricordarle nella sua preghiera. Una lettera semplice e significativa.
Santa Monica cammina vicino a noi e intercede perché non si perda mai la speranza”.
Parole semplici da cui emerge preghiera e condivisione, sacrificio e offerta, in una costante perseveranza che, per grazia, ha già toccato il cuore del Padre. “Un giovane – prosegue infatti la lettera –, da quasi due mesi, ha smesso consapevolmente con le sue forze l’uso di sostanze e non solo, vive con il padre malato di tumore, in una frazione della campagna romana, per non lasciarlo solo in questo doloroso percorso”. E infine, la richiesta, nella domanda che tutte hanno sentito forte nascere nel cuore: “Perché non scriviamo al Santo Padre, chiedendo la Sua benedizione e che si unisca spiritualmente a noi con la Sua preghiera?”. Una supplica inoltrata con umiltà ma anche nella fiducia che in qualche modo, le donne di “Santa Monica” e le loro intenzioni, da quel momento in poi sarebbero state presenti nella grande, ecumenica preghiera del Papa.
Spedita la lettera attendere la risposta era lecito ma non automatico. Ed è proprio qui che risiede ciò che ha fatto di questa chat “ispirata” un’opera unica dello Spirito. Il Papa non solo ha risposto ma ha benedetto e confermato la loro iniziativa. Eccola la risposta, a firma dell’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato, che vale la pena leggere tutta. Recita così:

