“Cambiare Paese o cambiare il Paese?”. È questa la domanda al centro degli Stati generali della natalità 2025, promossi dalla Fondazione per la natalità a Roma, all’Auditorium della Conciliazione, il 27 e il 28 novembre. Saranno tanti gli ospiti che si interrogheranno sulla questione, come anticipa al Sir il presidente della Fondazione per la natalità, Gigi De Palo: “Dobbiamo davvero costruire un futuro migliore altrove, o possiamo crearlo qui, insieme? Perché la natalità non è solo un dato demografico: è una sfida sociale, culturale ed economica che riguarda tutti. Riguarda il futuro del Paese”.
(Foto Siciliani – Gennari/SIR)
Perché avete scelto questo titolo per la V edizione degli Stati generali?
Oltre che un titolo, è anche provocazione e, insieme, una domanda retorica che rivolgiamo ai ragazzi, perché l’obiettivo nostro è sempre parlare ai giovani. Vogliamo fare una riflessione seria. Per noi, è chiaro, la risposta è una soltanto:
occorre cambiare il Paese. La soluzione non è l’emigrazione.
Noi cerchiamo come sempre di fare da pungolo, in maniera non ideologica, non polemica. La situazione non è facile, è molto complessa. Per questo chiediamo ai giovani: “Cambiare Paese o cambiare il Paese?”. Ed è la stessa domanda che i giovani rivolgono a noi da anni.
Che cosa chiedete a istituzioni e società per dare una risposta ai giovani?
Il nostro stile non è chiedere cose. Il nostro stile è mettere un punto di riferimento su questo tema, fornendo dati, ponendo questioni, per far capire che i nostri figli hanno necessità di una risposta. L’idea è quella di darsi un obiettivo. Lo ripetiamo fino allo sfinimento: si parla di natalità, però di fatto non ci si dà un obiettivo. Se solo quest’anno riuscissimo a creare le premesse affinché ci si dia un obiettivo di Paese, un obiettivo concreto, per noi questo già sarebbe un punto importante. In questo tipo di situazioni più il tempo passa più diventa difficile recuperare la criticità.
Quale potrebbe essere l’obiettivo fattibile oggi?
L’obiettivo lo dice la storia:
arrivare a 490mila/500mila nati, per fare in modo che il sistema non crolli.
E quest’anno, visto che si parla tanto di questione culturale, oltre che di questione economica e sociale, vogliamo ragionare con i giovani anche su livello più culturale.
(Foto Fondazione per la natalità)
Quest’anno chi saranno ospiti della due giorni?
Interverranno, tra gli altri, Daniela Lucangeli, professoressa di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Padova, che parlerà ai giovani di natalità e futuro, come paura, angoscia, preoccupazione; Aldo Cazzullo, giornalista e scrittore, che racconterà quanto è bello essere italiani e qual è la peculiarità dell’essere italiani, se abbiamo ancora qualcosa da dire e da dare al mondo, oppure ci siamo rassegnati; l’imprenditore Brunello Cucinelli, che offrirà la sua visione di un capitalismo “umanistico”, esempio concreto di come l’impresa possa essere generativa e al servizio del bene comune. Poi ci saranno i responsabili della comunicazione di grandi aziende, giornalisti sportivi come Pierluigi Pardo, content creator come Laura Miola, la scrittrice Valentina Mastroianni, Nico Acampora, fondatore di PizzAut, Guillame Bianchi, campione europeo di fioretto. I rappresentanti di Inps, Inail, Ragioneria generale dello Stato, Istat dialogheranno con i giovani, anche per far capire ai ragazzi che le istituzioni che sono al servizio dei giovani e delle famiglie. Poi ci sarà un tavolo con giornalisti, tra cui Angelo Mellone, direttore dell’intrattenimento del daytime della Rai. In questi anni siamo riusciti anche a far inserire all’interno del contratto di servizio della Rai un passaggio nel quale si dice che la Rai è tenuta a valorizzare nelle trasmissioni il tema della natalità e dell’inverno demografico, anche questo è servizio pubblico. Poi ci sarà un tavolo, molto interessante, di donne, anche femministe, che su queste tematiche la vedono esattamente come noi. Ci saranno Riccarda Zezza, un’imprenditrice sociale che ha creato un percorso interessante, “Maam – La maternità è un master”, dove spiega come tutte le soft skill apprese durante la maternità abbiano valorizzato il suo essere imprenditrice; la scrittrice Francesca Bumba, Rosy Russo, ideatrice di Parole O_stili, a cui chiederemo se la natalità è una “parolaccia”; l’economista Azzurra Rinaldi, Alessandra Sensi, vicepresidente Giovani di Confindustria.
Perché c’è tutta questa difficoltà a individuare un obiettivo e lottare per raggiungerlo in Italia?
Perché diamo una connotazione ideologica al tema della natalità, in Italia ogni tema è divisivo. Tra posizioni estreme, nel mezzo ci sono delle posizioni assolutamente tranquille, noi cerchiamo di far comprendere che si tratta di una questione anche economica, non ideologica. La nostra sfida è mettere attorno a un tavolo persone diverse che riescono anche a trovare punti di incontro. La seconda questione è che si tratta di un problema complesso: come per la Nazionale di calcio ci sono 60 milioni di allenatori, così anche per la natalità ci sono 60 milioni di presidenti di Istat, ciascuno dice la sua. Ma in questo campo non possono valere le esperienze personali o sondaggi che non hanno lo stesso peso dei dati Istat. Inoltre, ci sono delle realtà che, a mio modo di vedere, hanno degli interessi specifici su alcuni settori. E non si chiede mai alle famiglie e i giovani che cosa vogliono:
un lavoro stabile, la possibilità di avere una casa o comunque di prendere un mutuo senza pagare più della metà dello stipendio nel mutuo, una fiscalità più equa che metta le famiglie in una condizione giusta, non privilegiata.
Realizzate queste tre priorità, dopo va bene tutto il resto, come asili nido, congedi parentali. Queste sono le fondamenta, senza le quali non ripartirà la natalità. Ma mi rendo conto che non è semplice perché bisogna convertire un Paese in quest’ottica. Se si parcellizzano le risorse non riescono a incidere. Certo, si può migliorare l’Assegno unico e magari le cose un po’ cambiano. Ma bisogna realizzare le tre priorità del lavoro, della casa e della fiscalità equa. Agli Stati generali della natalità ci metteremo ancora una volta intorno a un tavolo per fare squadra. Siamo una realtà che dal basso prova a dare il suo contributo perché è preoccupata di quello che può accadere, siamo mamme e papà che ci credono e non si sono rassegnati.
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