La nuova campagna istituzionale della Conferenza episcopale italiana (brevi spot, con il claim “Chiesa cattolica. Nelle nostre vite, ogni giorno”) mette al centro la presenza quotidiana della Chiesa accanto alle persone, nei territori e nelle fragilità del Paese. A raccontarne senso, obiettivi e visione è Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio Cei per la promozione del sostegno economico, che in questa intervista al Sir spiega come la Chiesa continui a essere un presidio di ascolto, vicinanza e speranza nelle storie di tutti.
La nuova campagna istituzionale della Cei racconta una Chiesa che “abita le storie di ogni giorno”. Cosa significa?
Le storie di ogni giorno sono le storie reali delle persone: famiglie, anziani soli, giovani in ricerca, persone ferite o ai margini. Ognuno attraversa momenti di fatica, di bisogno, di disorientamento. La Chiesa è lì, in modo capillare, inserita nei territori e spesso presente anche dove lo Stato fatica ad arrivare. Penso alle periferie, alle aree interne, ai piccoli paesi che si stanno spopolando: lì le parrocchie restano un presidio di comunità, identità e speranza. È una presenza quotidiana, fatta di ascolto, vicinanza e relazioni che si costruiscono giorno per giorno.
Massimo Monzio Compagnoni
In che modo prende forma la presenza della “Chiesa in uscita” come comunità che accompagna e sostiene?
Attraverso gesti concreti. Le nostre comunità intercettano forme di povertà sempre più complesse. Non sempre la richiesta è quella di un aiuto economico o alimentare; spesso, dietro questi bisogni, c’è una domanda più profonda: essere ascoltati, trovare qualcuno con cui parlare, riallacciare relazioni. Oggi la vera emergenza è proprio questa: la solitudine.
I sacerdoti, i volontari, le realtà parrocchiali e caritative sono spesso l’unico punto di riferimento stabile per chi non ha altri a cui rivolgersi.
La campagna mostra anche una Chiesa attenta ai giovani, alle nuove tecnologie e perfino all’intelligenza artificiale. Perché questa scelta?
Perché i giovani hanno bisogno di strumenti per guardare al futuro con fiducia. Spesso l’intelligenza artificiale viene percepita come una minaccia o un rischio etico. Le nostre realtà formative provano invece a mostrare come possa essere una risorsa, un ambito in cui crescere e formarsi in modo critico e consapevole.
La Chiesa vuole dire ai ragazzi: “Il futuro vi riguarda e noi siamo accanto a voi, per accompagnarvi”.
La campagna insiste anche sul tema dell’ascolto. È un tratto identitario?
Assolutamente sì. Papa Francesco parlava della “pastorale dell’orecchio”: prima ancora di proporre soluzioni, dobbiamo saper ascoltare. I sacerdoti lo fanno ogni giorno: accolgono, dedicano tempo, aprono le porte delle parrocchie a chiunque cerchi un aiuto umano e spirituale. Basta suonare il campanello, e qualcuno risponde. È questo il volto della Chiesa che la campagna vuole raccontare.
Che messaggio desiderate trasmettere con il claim “Chiesa cattolica. Nelle nostre vite, ogni giorno”?
Vogliamo mostrare che la Chiesa non è un’istituzione lontana, ma una presenza viva e quotidiana. Che serve, ascolta, consola, accompagna. Che dona seconde possibilità a chi si sente escluso, sostiene gli anziani nella solitudine, accende speranza in chi è smarrito, custodisce il creato anche attraverso la ricerca scientifica. Senza questa rete di solidarietà, fatta dal lavoro instancabile di migliaia di sacerdoti e volontari, all’Italia mancherebbe un punto di riferimento essenziale.
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