In Tanzania il clima è molto teso e la nazione è divisa dopo gli scontri post-elettorali del 29 ottobre scorso repressi con la forza, che hanno causato migliaia di morti (anche bambini), feriti e sparizioni. Il 9 dicembre, giornata in cui il Paese celebra l’indipendenza del Tanganyika, sono state vietate tutte le manifestazioni. Ci sono tensioni tra istituzioni e gruppi religiosi. La presidente eletta Samia Suluhu Hassan, musulmana dell’isola di Zanzibar, è stata accusata dai manifestanti di aver truccato spudoratamente le elezioni: è stata dichiarata vincitrice con il 98% dei voti di 32 milioni di votanti, su una popolazione di 70 milioni di abitanti, con scarso afflusso ai seggi. Risultati contestati anche dagli osservatori internazionali delle Nazioni Unite, da Unione europea, Unione africana, e perfino dai 41 vescovi cattolici, che oggi sono presi di mira dalla presidente stessa.
La Conferenza episcopale della Tanzania ha diffuso infatti il 15 novembre scorso una nota molto dura ed esplicita in lingua swahili sugli eventi post-elettorali. “Siamo profondamente addolorati per questa situazione e condanniamo queste brutali e disumane uccisioni dei nostri giovani e di altre persone – scrivono -. Questo è davvero un grande male e un abominio per il nostro Dio. Tutti siamo rimasti feriti, la nazione è stata ferita e ha perso il proprio onore di fronte alla comunità internazionale”. I vescovi della Tanzania puntano il dito sulla “mancanza di vera democrazia nell’elezioni dei governanti”, dal 2016 ad oggi. Elezioni che “non permettono una competizione giusta, vera, trasparente, libera e credibile”. Condannano soprattutto “l’uso eccessivo della forza”, la “malvagità” di aver negato ai feriti cure mediche, oltre all’impossibilità per i familiari di celebrare i funerali delle persone uccise, perché non si ritrovano i corpi. I vescovi hanno chiesto agli alti dirigenti delle forze dell’ordine di “assumere le proprie responsabilità” e di condurre una indagine affidata ad una Commissione indipendente. Ma soprattutto propongono di lavorare ad una nuova Costituzione che ristabilisca uno Stato di diritto, “affinché non si torni ancora all’obbrobrio ed il Paese sia guidato nella legalità”.
fra Paolo Boldrini (foto: P.Boldrini)
Nessun “mea culpa” per la repressione. “La presidente giustifica il suo operato e non fa mea culpa per la carneficina. Afferma pubblicamente che il suo governo sa cosa fare e non ammette nessun condizionamento, non ha bisogno di ricevere consigli dall’esterno, e denuncia le pretese della Conferenza episcopale tanzaniana di voler dirigere il Paese fomentando la divisione e la rivolta. Non ha risparmiato nemmeno gli organismi internazionali e i portavoce di varie nazioni, che a suo parere, con intenti neocolonialisti, vogliono intromettersi nella guida del Paese”, spiega al Sir fra Paolo Boldrini, missionario dei Frati Minori Rinnovati, da 40 anni in Tanzania. La sua missione è nel villaggio di Pomerini, nella diocesi di Iringa. Il 9 dicembre nella città di Iringa le strade erano completamente deserte o presidiate dall’esercito. “Siamo in una situazione di dittatura dichiarata”, afferma il missionario. Il rischio di scivolare in un conflitto interreligioso è alto, anche se in ambito musulmano e cristiano ci sono posizioni molto diversificate, a favore o contro il governo in carica. “Molti gruppi musulmani, ma non tutti, si stanno scagliando contro la Chiesa cattolica come nemica della pace e fomentatrice del terrorismo – racconta -. Trasformare il dibattito sociale e politico in una guerra di religione mette veramente a rischio molte vite umane oltre che la stabilità economica del Paese”.
“Le strade deserte nel giorno in cui si doveva festeggiare il ricordo dell’indipendenza del Tanganyika non sono un buon segno – osserva fra Boldrini -.
Sotto la cenere le braci non sono spente.
Nonostante venga sbandierata la costituzione di una Commissione d’inchiesta libera per indagare sui fatti post-elettorali questa non può realisticamente essere la premessa per un processo di accordo. Perché la Commissione non è per niente ‘libera’ (gli otto componenti scelti dalla presidente sono tutti funzionari del governo, attivi o in pensione). La presunta ‘mano tesa’ da parte del governo non trova consensi perché senza verità e senza riconoscere le responsabilità da parte del governo per il sangue sparso, è una ‘mano tesa’ molto poco credibile, così come è poco credibile la pace delle strade deserte”.
La richiesta di una nuova Costituzione. Riguardo alla richiesta dei vescovi di una nuova Costituzione fra Boldrini spiega che deriva “dalla necessità di limitare i poteri del presidente, che è il solo a scegliere i componenti delle commissioni e dei responsabili ai più alti livelli. Inoltre gode dell’immunità sia durante il suo mandato e anche dopo il suo mandato, né si può ricorrere al Tribunale per indagare sull’elezione del presidente. Punti che proprio in questa situazione hanno manifestato tutta la loro pericolosità”.
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